La Stampa, 1 agosto 2016
Il referendum si farà il 27 novembre?
Oramai i suoi collaboratori più stretti lo sanno. A Renzi piace decidere tutto, o quasi, all’ultimo momento utile. Ma in cuor suo il capo del governo ha deciso – e difficilmente cambierà idea – la data per celebrare il referendum istituzionale: domenica 27 novembre. Si tratta di una data tenuta “coperta” e anzi Renzi in pubblico ripete «ottobre o novembre cambia poco». Ma se la preferenza coltivata in silenzio dal presidente del Consiglio alla fine fosse confermata, si tratterebbe di un cambio integrale di impostazione rispetto al programma iniziale.
Gli annunci
Perché sulla questione della data, sulla quale ora si mostra agnostico, Matteo Renzi si era espresso molto chiaramente e senza remore: «Spero si voti il 2 ottobre», disse a “Virus” il primo giugno. Ma quattro giorni più tardi, al primo turno delle elezioni amministrative, il timing renziano ha iniziato ad andare in tilt: al primo turno del 5 giugno e soprattutto ai ballottaggi del 19 è affiorato un “sentiment” anti-establishment di una fetta significativa di elettorato che in autunno potrebbe ingrossarsi. In occasione di un referendum che proprio Renzi ha trasformato in un plebiscito sulla propria leadership. Ad aggravare il quadro i risultati di tutti i sondaggi: le intenzioni di voto per il No, per il momento, prevalgono costantemente su quelle per il Sì.
Le novità
Due novità significative e Renzi, come si suol dire, si è messo paura. E ha preso le sue contromisure. Anzitutto ha cambiato completamente l’approccio alla campagna referendaria. Come ha detto due giorni fa in una intervista a la Repubblica, «personalizzare questo referendum contro di me è il desiderio delle opposizioni, non il mio. Per questo mi terrò alla larga rigorosamente da tutti i temi del dopo». In più Renzi ha drasticamente ridotto la propria presenza su tv e social network: una scelta che a palazzo Chigi provano a raccontare come un “strategia”, ma che il premier ha subito e che stata fortemente consigliata dal “guru” americano Jim Messina per contrastare la sensazione di onnipresenza, indicata come un handicap dagli strateghi della comunicazione.
La strategia
E nella strategia di avvicinamento al referendum, nel quale Renzi si gioca la “vita”, c’è anche la decisione sulla data. Se si votasse il 2 ottobre, come Renzi aveva inizialmente auspicato, a partire da oggi mancherebbero 63 giorni alla consultazione, mentre invece se si votasse il 27 novembre, il giorni a disposizione per la campagna elettorale – e dunque per la possibile rimonta – sarebbero 119. Di fatto il doppio. Un timing compatibile con le leggi vigenti e che non avrebbe carattere di forzatura.
La Cassazione
Entro il 15 agosto, dunque entro un mese dalla presentazione delle 580 mila firme raccolte dal Comitato per il sì, la Corte di Cassazione deve esprimersi sulla regolarità formale della sottoscrizione popolare. Dopo il via libera della Cassazione, che potrebbe decidere anche prima del 15 agosto, il governo dispone di 60 giorni per deliberare la data del referendum. Dunque, il presidente del consiglio potrebbe convocare l’apposito Consiglio dei ministri già il 16 agosto, ma la legge gli consente di prendere tempo fino al 15 ottobre.
Una volta riunito, il consiglio dei ministri deve indicare una data compresa tra i 50 e i 70 giorni dalla seduta del Cdm. Se Renzi, come è stato deciso, sceglierà di prendersi tutto o gran parte del tempo concesso dalla legge, il referendum potrà essere convocato in una domenica di novembre, o teoricamente, anche in una delle tre domeniche di dicembre che precedono Natale.
Renzi riservatamente ha indicato il 27 novembre e se non si saranno ulteriori ripensamenti, quella sarà la data. Una scelta che consentirà al presidente del Consiglio di andare incontro ad una richiesta del Capo dello Stato: quella di approvare in prima lettura la legge di Stabilità prima della celebrazione del referendum istituzionale sul quale Renzi ha chiesto la “fiducia” agli elettori italiani.