la Repubblica, 1 agosto 2016
Rifiuti, il disastro dell’Ama in 14 dossier
La procura di Roma – gli uffici dell’antimafia e quelli di contrasto alle frodi alla pubblica amministrazione – da un anno ha in mano i 14 dossier sull’Ama, l’Azienda municipalizzata ambiente di Roma. Li ha scritti il suo presidente dimissionario, Daniele Fortini. Il primo, quello sul tritovagliatore di Rocca Cencia di proprietà di aziende controllate dall’ottuagenario Manlio Cerroni, il padrone di Malagrotta, è stato personalmente consegnato a maggio 2015 e, innestandosi su indagini preesistenti, quattordici mesi dopo ha portato i primi sette indagati. Sugli altri tredici dossier il pm Paolo Ielo, in rapporto con Alberto Galanti e Michele Prestipino, sta lavorando per chiedere conferme alle carte sottoscritte. “Repubblica” ha preso visione dei dossier: riguardano le anomalie Ama accertate nel corso della gestione Fortini (iniziata il 27 gennaio 2014 e, probabilmente, da chiudere il prossimo 4 agosto).
GLI ARBITRATI DI CERRONI
Nelle carte si racconta di un’azienda «già devastata nel 2014» e ben prima dell’emersione dell’inchiesta su Mafia capitale (dicembre 2014). L’ultimo passaggio di una municipalizzata messa in ginocchio nell’era Alemanno- Panzironi (1.087 assunzioni tra il 4 giugno 2009 e il 7 settembre 2010) è avvenuto il 10 gennaio 2014: con sei persone a lui vicine, è stato arrestato proprio il “re” Manlio Cerroni. «Ama, azienda eterodiretta dalla politica e dall’imprenditore privato – si legge – è smarrita». Il 20 gennaio il gruppo di Cerroni, Colari (quello di Cerroni,
ndr), viene raggiunto da un’interdittiva antimafia della prefettura di Roma: con l’azienda pubblica non può più avere rapporti diretti. Quattro giorni e il sindaco Ignazio Marino nomina Daniele Fortini presidente e ad. In collaborazione con il prefetto Giuseppe Pecoraro, Fortini scopre la prima anomalia: l’80% di acquisti e approvvigionamenti viene realizzato senza gare. Unicum europeo, tanto più per una società a controllo pubblico. Il Tmb di Rocca Cencia supervisionato dalla consulente Paola Muraro (oggi assessore all’Ambiente) costa un milione a settimana (175 euro a tonnellata, il prezzo di mercato è di 130): «È una macchina non riconosciuta dall’Ue e utilizzata senza contratto». Accordi a voce: tutto in procura.
Il secondo dossier viene avvistato in conseguenza: gli arbitrati con Manlio Cerroni. L’avvocato di Malagrotta ha chiesto alla vecchia Ama 900 milioni di euro come risarcimento per la fine del rapporto con la sua discarica, chiusa, e 300 milioni per i costi della gestione “post-mortem”. I periti avevano stabilito in 105 milioni il “dovuto” a Cerroni: Ama ne ha già dati 144 eppure l’imprenditore ne pretende subito altri trecento e in tutto un miliardo e due. Il presidente Fortini ferma gli assegni: l’ultimo esborso garantirebbe il crack dell’azienda. Scopre che due dei tre “periti indipendenti” del lodo arbitrale da trecento milioni hanno lavorato più volte per Cerroni e in terza istanza vince su entrambi i fronti: Ama non deve pagare più.
I LICENZIAMENTI
Quarto e quinto dossier sono sui licenziamenti messi in atto dalla nuova dirigenza. Dopo controlli affidati a società specializzate in due diligence(prove scritte e colloqui, esame dei curriculum), si certifica che solo il 25% dei 160 dirigenti è all’altezza dei compiti affidati. Scattano i primi tre licenziamenti (responsabile dei cimiteri, primi dirigenti del personale e del controllo di gestione), poi altri quattro. Seguiranno 41 dipendenti allontanati per assenteismo: tutti assunti con la Parentopoli alemanniana. È dicembre 2014 quando arriva in Ama l’ingegner Alessandro Filippi, nuovo direttore generale. È distaccato da Acea fino al 30 novembre 2015, ma c’è un’opzione per farlo restare altri tre anni. Quando vengono toccati gli uomini della destra, si scatena una battaglia politica orchestrata dal senatore Andrea Augello, allora Ncd. Forti pressioni arrivano dal deputato dei 5 Stelle Stefano Vignaroli, vicepresidente della commissione rifiuti. Inutili le richieste del commissario Tronca: il presidente Alberto Irace è irremovibile, tre mesi e Filippi torna da noi. Oltre a contribuire al licenziamento di inadeguati e assenteisti, cosa aveva fatto in Ama l’ingegnere? L’ultimo dossier in procura dice: «Per la prima volta nella storia di Ama i dirigenti hanno iniziato a firmare le richieste di acquisto, prima era tutto in mano al dg Giovanni Fiscon». Uno dei 37 arrestati per Mafia capitale.
MAFIA CAPITALE
Ecco, il nome più evocato: la Mafia emersa a Roma nel dicembre 2014. Grazie a controlli esterni ordinati su appalti a campione, si certifica che tre partite su tre in Ama hanno gravi anomalie. Il noleggio dei 28mila cassonetti costa 50 milioni in quattro anni, con l’acquisto se ne sarebbero risparmiati venti. Per un appalto alla Coop Edera (altro frutto di Mafia capitale, il fondatore è indagato per turbativa d’asta) si spendono 800.000 euro: i rifiuti sanitari destinati a Ponte Malnome vengono caricati a mano, la macchina da mezzo milione di euro si è rotta e invece di ripararla si è preferita un’assegnazione più costosa. Sul fronte cooperative sociali, partono per la prima volta le gare: non partecipano solo Edera e la 29 giugno di Salvatore Buzzi, ma dieci imprese da tutta Italia. Risparmio netto: 6 milioni l’anno. «Prima di Filippi non c’era tracciabilità delle procedure», si legge sui dossier, «con l’ingegnere l’azienda nel 2015 ha risparmiato 41 milioni». Un altro esposto arriva per i riciclatori di carta e cartone: Ama pagava 1,4 milioni l’anno, ora ne incassa tre.
LA CONSULENTE-ASSESSORA
Due dei 14 dossier Fortini riguardano l’ex consulente (per 12 anni) Paola Muraro, militante grillina, oggi assessore. Per verificare il funzionamento dell’impianto di Rocca Cencia, sua responsabilità, l’ingegner Filippi chiede un parere a un esperto come Giuseppe Mininni del Cnr. La risposta è secca: gestito male. Il 31 giugno 2015 la Muraro è fuori dall’Ama. Oggi lei annuncia i suoi controdossier sui premi a Fortini (113.000 euro nel 2014) e i compensi all’avvocato Gianluigi Pellegrino (800.000 euro per il lodo Cerroni).