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 2016  agosto 01 Lunedì calendario

Mps e quei 500-600 milioni di utili che dovrà produrre per giustificare il costo dell’aumento di capitale

I risultati moderatamente positivi per i nostri istituti degli stress test europei sono stati salutati dal mondo bancario italiano come un possibile punto di svolta. Ma lo snodo cruciale per il settore sarà la ricapitalizzazione del Monte dei Paschi di Siena, che è risultata di gran lunga la più debole fra le banche testate dai regolatori.
Venerdì scorso, il consiglio d’amministrazione della banca senese ha presentato un piano in tre punti, che prevede un aumento delle coperture sul portafoglio di crediti deteriorati, la sua separazione in un veicolo finanziato in parte dal fondo salva- banche Atlante, e un aumento da capitale da 5 miliardi di euro.
Nonostante l’ottimismo di governo e Bankitalia, l’operazione ha davanti diversi rischi, legati al reale interesse degli investitori e al possibile peggioramento del contesto economico e politico italiano. Un suo eventuale fallimento rischierebbe di avere effetti negativi per tutte le banche e di cancellare il sollievo causato dai risultati degli stress test.
«Lo stress test è stato un evento secondario, quello principale è stato il salvataggio di Mps», ha scritto Geoff Sawes di Société Générale in una nota. «Il piano è complesso, dunque una rivalutazione generalizzata del settore sembra improbabile nonostante i buoni risultati delle altre banche italiane».
L’idea di base del piano ha ricevuto il plauso di diversi analisti, che hanno apprezzato la volontà di risolvere il problema delle sofferenze, causa dei problemi attuali dell’istituto. «La struttura dell’operazione può funzionare bene per il Monte Paschi perché è disegnata per rimuovere completamente qualsiasi rischio legato ai crediti deteriorati dal bilancio della banca», ha scritto Marta Bastoni, un’analista di Barclays.
Tuttavia vi sono diverse perplessità sulla capacità di Mps di trovare 5 miliardi di euro in nuovi fondi, partendo da una capitalizzazione inferiore al miliardo e dopo averne chiesti altri 8 negli ultimi tre anni.
L’aumento di capitale è garantito da un pool di banche guidate da JP Morgan e Mediobanca, ma questa rete di salvataggio è condizionale al successo dell’operazione sui crediti deteriorati e all’interesse degli investitori durante la fase di marketing. Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca hanno visto quest’anno i consorzi di garanzia sfilarsi sulla base di clausole di questo tipo.
L’interesse del mercato dipenderà in gran parte dal piano industriale, che il management di Mps conta di presentare a settembre. Il Monte sarà una banca più interessante rispetto al passato, grazie all’operazione di pulizia dei bilanci fatta con l’aiuto di Atlante. Questo ne abbasserà il costo del funding, migliorando la capacità di produrre utili. Tuttavia, alcuni analisti notano come il livello di crediti deteriorati resterà comunque in linea con quello di altri istituti italiani quali Ubi Banca, a fronte di un prezzo delle azioni, relativo al valore tangibile degli attivi, più alto.
Il punto fondamentale riguarderà la capacità della banca di generare i profitti necessari per essere appetibile agli investitori. Secondo alcune stime, come quelle di Gianluca Codagnone del fondo Fidentiis, Mps dovrà produrre intorno a 500-600 milioni di utili all’anno per giustificare il costo dell’aumento di capitale. Quest’obbiettivo dipenderà anche dall’evoluzione del contesto economico: un rallentamento, come quello che sembra aver colpito il nostro Paese in questi mesi, sarebbe un ostacolo sulla via del risanamento.
Lo snodo decisivo sarà poi quello del referendum, che avverrà prima dell’aumento di capitale. Un’eventuale decisione da parte degli Italiani di rigettare la proposta di riforma costituzionale del governo potrebbe portare Matteo Renzi a dimettersi, secondo quanto annunciato dallo stesso premier. Questo scenario causerebbe instabilità politica, a fronte della quale è difficile immaginare entusiasmo degli investitori per il Monte.
Gli operatori più ottimisti ricordano che, anche in caso di interesse insufficiente per le azioni, esiste comunque un piano alternativo, che passa attraverso il “bail in” degli obbligazionisti subordinati. Questa ipotesi era alla base di un progetto presentato dall’ex amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, ma esclusa dal consiglio di amministrazione di Monte dei Paschi.
La speranza dei demiurghi dell’operazione è ovviamente quella di evitare il coinvolgimento degli obbligazionisti, per evitare possibili conseguenze per tutto il sistema bancario, ma è ancora troppo presto per essere sicuri che questo accada.