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 2016  agosto 01 Lunedì calendario

«I russi mi hanno spiata». Hillary accusa

Sull’interferenza del Cremlino nella campagna elettorale russa, dopo le accuse del team elettorale democratico e quelle, indirette, del presidente Obama, scende in campo in prima persona Hillary Clinton che, in un’intervista alla rete televisiva Fox, formula un’accusa diretta: «Sappiamo che i servizi di intelligence russi sono entrati, con un’azione di hackeraggio, nel sistema informatico del DNC, (l’organizzazione del Partito democratico) e sappiamo che hanno fatto in modo che molte di queste email venissero fatte arrivare alla stampa. Sappiamo anche che Donald Trump ha mostrato una preoccupante volontà di appoggiare Putin, di sostenerlo».
In precedenza anche la Casa Bianca era uscita allo scoperto, ma Barack Obama, nell’indicare una responsabilità russa, aveva fatto riferimento al giudizio degli esperti informatici incaricati delle indagini e non aveva accusato direttamente il governo di Mosca. La Clinton formula un’accusa diretta e chiama in causa i servizi segreti del Cremlino, anche se non arriva a sostenere che è stato il presidente Putin in persona a ordinare l’offensiva «cyber».
Hillary attacca, ma c’è chi legge la sua anche come una mossa difensiva. In una campagna elettorale che rassomiglia sempre più a un romanzo di Le Carrè, all’intrigo internazionale e al sospetto che Trump abbia qualche tratto da «Manchurian candidate» (un candidato eterodiretto dall’estero), adesso si aggiunge il timore democratico di una «October surprise»: un colpo di scena basato sui contenuti di altre email riservate che una sapiente regia – quella russa via Wikileaks, secondo le tesi prevalenti – metterebbe in circolazione nelle settimane immediatamente precedenti il voto presidenziale dell’8 novembre.
Per capire cosa potrebbe bollire in pentola basta ascoltare l’arciconservatore ed ex ambasciatore Usa all’Onu, John Bolton: «Non ne sappiamo abbastanza per essere certi dell’interferenza russa, ma trovo comunque stupefacente la sfrontatezza di Hillary Clinton: accusa Mosca, ma dimentica che il danno più grave lo ha provocato proprio lei con la gestione sconsiderata delle sue email. Quelle di un segretario di Stato sono state affidate a un server privato. I servizi segreti russi sono arrivati anche lì? Non abbiamo modo di saperlo» perché quel sistema non ha protezioni adeguate né è in grado di risalire all’origine di un’eventuale minaccia.
Comunque molti degli analisti che in questi giorni animano i dibattiti tv sostengono che Vladimir Putin, sicuramente ostile a Hillary Clinton («la odia» dice la giornalista russo-americana Masha Gessen, una oppositrice del leader del Cremlino), farà tutto quanto in suo potere per ostacolarne la marcia verso la vittoria. Punta su Trump? Certamente lo preferisce anche perché, al di là di insinuazioni e indizi su rapporti finanziari e sui collegamenti di diversi suoi consiglieri con Mosca, il miliardario divenuto il candidato repubblicano alla Casa Bianca ha espresso simpatia e giudizi lusinghieri nei confronti di Putin di recente, ma anche ripetutamente negli anni scorsi: nel 2007, nel 2013 e nel 2015.
Insomma Hillary ha di che stare col fiato sospeso: se Cozy Bear e Fancy Bear, i due gruppi di hacker dietro i quali si nasconderebbero gli specialisti di due diversi rami dell’intelligence russa, apparentemente hanno un po’ pasticciato e si sono pestati i piedi a vicenda per infiltrarsi negli archivi informatici del Partito democratico, inconsapevole l’uno dell’altro, è assai improbabile che lo spionaggio militare russo abbia ignorato una preda ben più allettante e, apparentemente, più a portata di mano, come l’archivio informatico di un segretario di Stato Usa.