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 2016  luglio 30 Sabato calendario

La tradizionale rissa politica sulle nomine dei tg Rai

«No al blitz autoritario sulle nomine Rai alla vigilia del referendum», attacca Roberto Fico, presidente grillino della Vigilanza. «Fico vaneggia, non si intrometta nelle nomine come un capataz della prima repubblica», la dura replica del Pd con il senatore Francesco Verducci.
Fine luglio bollente per la tv pubblica. Dopo la bufera sui maxistipendi, ora è il momento del cambio alla guida dei tg, che i vertici di Viale Mazzini vogliono fare ai primi di agosto. Il dg Antonio Campo Dall’Orto ieri ha incontrato la direttrice del Tg3 Bianca Berlinguer per trovarle una collocazione alternativa (ma la strada è ancora in salita) e alcuni consiglieri di amministrazione per placarne i malumori e rassicurarli sulla volontà di «condividere il percorso». Operazione in parte già riuscita, visto che Franco Siddi, indicato dal Pd e tra quelli che avevano espresso malessere per tempi e modi del blitz, in serata spiega che «le nomine nei tg non sono un tabù».
Fico intanto annuncia di voler convocare Renzi e Padoan «perchè spieghino lo sforamento del tetto agli stipendi». Critica anche la minoranza del Pd, con i senatori Federico Fornaro, Miguel Gotor e Claudio Martini che fanno proprie le preoccupazioni del membro del cda Rai Carlo Freccero su una “normalizzazione” del Tg3. «Ci si fermi prima di scrivere una brutta pagina per la Rai», attaccano. «Si vuole ridurre l’autonomia giornalistica, in particolare per il Tg3». Sinistra italiana, con Nicola Fratoianni, accusa i dem di volere una «informazione allineata». Gasparri attacca Fico dal fronte opposto: «Basta inutili proclami, convochi subito la Vigilanza per fermare questa lottizzazione».
A Viale Mazzini si procede con diplomazia. Il dg incontrerà anche Marcello Masi, in uscita dal Tg2. L’obiettivo è evitare nuovi “parcheggiati di lusso”. L’ipotesi è portare il piano editoriale firmato da Carlo Verdelli in cda insieme alle nomine il 3 agosto. O, in alternativa, convocare un secondo consiglio nei giorni successivi per comunicare i nomi dei nuovi direttori dei tg. Il dg ha spiegato ai consiglieri di non volersi limitare ai principali telegiornali, ma di voler mettere mano anche ai vertici della testata regionale (ora diretta da Vincenzo Morgante), del Giornale radio (Masi potrebbe prendere il posto di Flavio Mucciante) e Rai Parlamento (Scipione Rossi).
Il direttore del Tg1 Mario Orfeo pare destinato a restare al suo posto. Per il Tg3, oltre all’ipotesi di un ritorno di Antonio Di Bella, che ha un ottimo rapporto con Verdelli, si parla anche del vicedirettore di Rai Tre Luca Mazzà. Ancora in bilico Ida Colucci, indicata dai rumors per il Tg2, di cui è vicedirettore.
«L’unico vero obiettivo è normalizzare il Tg3 cacciando la Berlinguer», denuncia Carlo Freccero, convinto che sia possibile bloccare il blitz in cda. Magari senza arrivare ai due terzi dei voti, ma con un pareggio in consiglio che sarebbe imbarazzante per i vertici dell’azienda. «Renzi non è più forte come prima, e questa debolezza si riverbera anche in Rai», spiega. Lui non ha ancora parlato con Campo Dall’Orto: «L’ho cercato, ma non aveva tempo...». La redazione del Tg3 definisce «inaccettabile attribuirci posizioni di parte».
Al Nazareno e a Palazzo Chigi la bussola è non imbarcare altri esterni. «Io lascerei anche gli attuali, basta che rispettino il pluralismo, cosa che il Tg3 non sta facendo», dice Michele Anzaldi, falco renziano. «Dopo un anno le nomine sono persino in ritardo, e non vedo proprio nessuna epurazione... Magari epurassero così anche me».