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 2016  luglio 30 Sabato calendario

Possibile che pure gli editori vogliano autoinfliggersi questo ridicolo scisma?

L’ipotesi che la diaspora interna all’editoria italiana possa produrre due Fiere del Libro concorrenti, quella vecchia e gloriosa di Torino e una nuova di zecca a Milano, magari nello stesso periodo, è così insensata che non ci si crede. Un bene culturale al tempo stesso nevralgico e cagionevole come il libro dovrebbe essere messo al riparo da una lite da polli di Renzo (metafora letteraria scontata ma inevitabile) che si beccano tra loro alla vigilia del comune decesso. Già decine e forse centinaia di medi e piccoli festival e rassegne attirano scrittori e lettori, capillarmente, in tutta Italia. Non è la promozione che manca, e in qualche caso ce n’è anche troppa, vedasi quei sedicenti premi letterari nei quali, per meritare una targa qualsivoglia, basta promettere di andare a ritirarla in loco, dopo una bicchierata con l’assessore e un’intervista al quotidiano locale. Ma se è la qualità e non la quantità degli appuntamenti, la questione da affrontare, a che servirebbe rischiare di sdoppiare il momento topico della stagione, l’adunata nazional-popolare attorno al libro, il giubileo dei lettori? Già il gracile cinema italiano è costretto a doppie trasferte (costose) perché a Venezia si è aggiunta, a tradimento, Roma; possibile che pure gli editori, già etichettati nelle cronache dei giornali in torinisti e milanesiani, vogliano autoinfliggersi questo ridicolo scisma? Litigare tra New York e Singapore si capirebbe, ma tra Torino e Milano, a un palmo di Tav? Si facciano gli Stati Generali dell’editoria e si decida unitariamente dove andare a lamentarsi della crisi, però tutti insieme.