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 2016  luglio 29 Venerdì calendario

Nell’inceneritore della discordia: «Nessun problema a bruciare quella spazzatura dalla Sicilia»

Dal suo buen ritiro di Montallegro in Sicilia, il signor Diego Caltagirone, presidente del consiglio di amministrazione dell’autorità sui rifiuti di Torino, sospira impotente al telefono: «Se anche convocassi l’assemblea dell’Ato a tambur battente, non ci verrebbe nessuno». Certo, se tutti rimangono in Sicilia in vacanza, come sta facendo lei. «Io potrei anche tornare. Ma gli altri? Convocherei un’assemblea che non ha il numero legale». Senza quella riunione, pare di capire, rimarranno in Sicilia anche i rifiuti che Crocetta e Chiamparino, governatori regionali a Palermo e Torino, avevano concordato di trasferire da Sud a Nord per alleggerire il carico di immondizia che grava sull’isola. «Lo statuto è lo statuto», oppone Caltagirone. Lo Statuto dice che senza il sì dell’Ato non c’è ministro che tenga. Caltagirone, lei è siciliano? «Certo». Proprio un siciliano impedisce ai rifiuti siciliani di arrivare a Torino? Lì a Montallegro non c’è il problema dell’immondizia? «C’è, c’è, eccome se c’è. Ma io non posso farci nulla».
La storia delle 3mila tonnellate di rifiuti destinate all’inceneritore di Torino è ormai diventata una pièce di Pirandello. Con i 5 Stelle di Torino che si mettono di traverso e il governatore Crocetta che minaccia: «Basta, porto l’immondizia all’estero. Lì prendono anche i rifiuti dei ‘terroni’».
Vista dalla sede della Trm di Gerbido, estrema periferia sud di Torino, la storia dell’immondizia siciliana è assai paradossale. «L’impatto di quei rifiuti – dicono i dirigenti dell’inceneritore – sarebbe minimo». Da anni lo stesso impianto smaltisce decine di migliaia di tonnellate di rifiuti di liguri nella totale indifferenza di grillini, ambientalisti, no inceneritore e movimenti analoghi. La spazzatura di Genova puzza di meno di quella di Palermo.
«La capacità di smaltimento di questo impianto – spiega Roberto Paterlini, ad di Iren Ambiente, la multiutility che ha la maggioranza dell’inceneritore – è di 420-450mila tonnellate all’anno. L’80 per cento di questa quantità arriva da Torino e dai comuni della cintura». Resta dunque spazio per smaltire 90mila tonnellate. La Liguria ne ha già prenotate fino a un massimo di 70mila. La Sicilia ne aveva ottenute 15mila. Ma già il primo carico di 3mila è stato bloccato. Rappresenterebbe meno dell’1 per cento di ciò che si brucia nel grande camino alto 120 metri. Ma sindaci grillini e del Pd giudicano quell’arrivo intollerabile.
La storia torinese, comunque vada a finire, è solo il sintomo della grande pochade sui rifiuti. Tutti sanno che vanno smaltiti ma preferiscono non farlo. Al Gerbido arrivano fino a 3mila bambini all’anno a visitare una struttura che produce, bruciando spazzatura, l’energia elettrica per 175mila famiglie e presto fornirà il teleriscaldamento a una bella fetta di città. «Impianti come questo – dice Paterlini – forniscono l’energia elettrica all’intera Svezia», che ha rinunciato alle discariche e va addirittura a caccia di rifiuti per alimentare il sistema elettrico nazionale.
In Italia, al contrario, quegli impianti, oltre all’energia elettrica, producono anche crociate. «Poco più della metà dei 30 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti ogni anno in Italia vengono già riciclati con la raccolta differenziata», spiega Paterlini. Ne restano così da smaltire 12-13 miloni di tonnellate all’anno: «Ma se si sommano le discariche autorizzate e gli inceneritori, la capacità di smaltimento complessiva non supera i 6-7 milioni di tonnellate». Ne rimangono dunque altrettanti da sistemare. Dove finiscono? In discariche che non hanno le autorizzazioni necessarie perché, ad esempio, non sono in grado di dividere la parte umida da quella secca. Discariche fuorilegge che vengono prorogate di anno in anno. Oppure i rifiuti si accumulano, come i 7 milioni di tonnellate di ecoballe di Napoli, l’equivalente di un anno di lavoro degli impianti di smaltimento italiani.
L’articolo 35 della legge Sblocca Italia, ha provato a porre un rimedio. Ha stabilito, ad esempio, che chi porta i rifiuti a incenerire fuori regione paga una penale di 20 euro a tonnellata più i costi di trasporto. Questo significa, ad esempio, che con i rifiuti liguri e siciliani le amministrazioni di Torino e cintura che hanno indetto la crociata contro Crocetta potrebbero guadagnare 1,7 milioni di euro da destinare ad attività ambientali. Ma più del denaro potè il timore della sindrome Nimby. E così il niet è stato trasversale. Come superarlo? Dalla spiaggia di Montallegro il signor Caltagirone suggerisce una strada: «Il governo potrebbe fare un decreto che supera ogni nostra competenza». Solo a quel punto, pare di capire, le porte dell’inceneritore si aprirebbero per l’immondizia sicula. Ma il governo il decreto non pensa di farlo. Il ministro dell’ambiente Galletti elogia, è vero, «la sensibilità di Chiamparino» che ha dato disponibilità ad accogliere i rifiuti. Condanna, è altrettanto vero, la sindaca di Torino Chiara Appendino definendo «inammissibile» la sua opposizione. Ma il decreto non arriverà a togliere le castagne dal fuoco al signor Caltagirone. Che, dunque, rimarrà in Sicilia fino a metà agosto. Producendo spazzatura che poi, tornato a Torino, si rifiuterà di smaltire. Il signor Caltagirone uno e due. Come in Pirandello.