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 2016  luglio 29 Venerdì calendario

Tutto quello che sappiamo sui reclutatori del terrore

Con una certa fretta, che non è mai una buona consigliera, gli investigatori chiamati a indagare sugli ultimi attentati in Europa hanno cercato di circoscrivere gli episodi. Inizialmente hanno parlato di azioni isolate. Puntualmente il quadro, con il trascorrere dei giorni e con la progressione delle indagini, è mutato. Dalla Francia alla Germania gli esecutori paiono essere l’ultimo anello di una catena di sangue. Alle loro spalle, oltre all’ispirazione più o meno solida dell’Isis, si intravvedono delle figure. Non sempre nitide. Possono essere dei reclutatori, dei suggeritori o anche il tramite con la struttura di comando del Califfato. I cosiddetti lupi solitari appaiono meno «soli».
Il misterioso reclutatore
Ripartiamo dai fatti, tenendo presente che la missione degli inquirenti deve raggiungere ancora la meta. Nulla è chiaro e anche la collaborazione internazionale – tanto sbandierata in questi giorni – non è un automatismo perfetto. A Nizza hanno messo in prigione un buon numero di persone, possibili complici del camionista Mohammed Bouhlel. Lo hanno aiutato, gli hanno trovato la pistola, è probabile che almeno due gli siano stati vicini nell’attuazione del piano. Le loro impronte sono state trovate sul camion poi lanciato a tutta velocità sulla passeggiata. Somigliano a comprimari, per ora non sono emersi dati sulla presunta mente.
Uno zio dell’attentatore ha sostenuto che l’autista sarebbe stato arruolato e plagiato da un militante algerino dell’Isis. È lui il legame? La polizia, in pubblico, ha ignorato la pista. È una scelta tattica per arrivare al bersaglio? O non ci crede? Fino a questo momento ha preferito avvalorare la tesi che il tunisino abbia risposto all’appello dello Stato Islamico a colpire con l’arma più facile a disposizione. Il tir noleggiato. Il legame con la casa madre è tutto da scoprire.
Guidato via Internet
Mohammed Ryiad, l’afghano responsabile dell’assalto al treno a Würzburg, ha distrutto la sim card del cellulare, ha provato a cancellare le tracce elettroniche. Una mossa a protezione di qualcuno: si trova in Germania o risiede nelle terre del Califfo? Non sarebbe strano se esistesse un mister X che lo abbia assistito (o incoraggiato), magari anche nella gestione del suo gesto, con il video dove l’omicida appare con un coltello. Le autorità tedesche hanno rivelato che Mohammed Deleel, il rifugiato siriano che ha attivata la carica esplosiva ad Ansbach, è stato «pilotato» attraverso Internet da un militante in Medio Oriente. È il caso più evidente. È arrivato da profugo, è finito terrorista. Il sospetto che possa far parte di una schiera di infiltrati islamisti.
Diversi sono stati spediti a ripetizione ben prima della nascita del Califfato, altri è probabile che abbiano raggiunto il Vecchio Continente (magari per ragioni di salute) e poi abbiano riattivato i vecchi contatti con i loro «fratelli» rimasti sui sentieri di guerra in Oriente. L’antiterrorismo in Germania è in allarme da tempo per l’attività di un tunisino, Abu Duyana, nascosto dalle parti di Raqqa (Siria) e «gestore» di alcuni estremisti.
L’influenza del militante
L’ultimo atto, quello nella chiesa vicino Rouen, ha riproposto lo schema. I due assassini avrebbero subito l’influenza mefitica di Adel Bouaoun, un francese che si è unito all’Isis e loro compagno di viaggio in un fallito tentativo di raggiungere il rifugio siriano. Potrebbe essere il gancio con i luogotenenti francofoni che fanno parte del fronte operativo dello Stato Islamico. Un apparato del quale abbiamo più volte parlato sul Corriere.
Schematicamente è diretto dal siriano Abu Mohammed al Adnani, portavoce e uomo di fiducia del Califfo. Sotto di lui degli «ufficiali», come il francese Abu Suleymane al Faransi, il misterioso Abu Ahmed, il ben noto Salim Benghalem, sgozzatore di ostaggi e ritenuto una figura chiave negli attacchi di Parigi, nel novembre 2015. Quindi i fratelli Clain, uno dei quali Fabien, conosce bene la Normandia. Un «metodo» poi rispuntato nel recente attentato, a fine giugno, contro l’aeroporto di Istanbul: qui hanno agito degli uomini-bomba diretti da un georgiano e veterano del conflitto in Cecenia, Akhmed Chataev. Scelta politica e tattica. In Turchia vive una grande comunità caucasica, che riceve aiuti e sostegno, dunque lo schermo perfetto per essere sfruttato da chi vuole aggirare i controlli.
I quattro scenari
In una lunga analisi su «Foreign Policy» sono stati indicati i quattro scenari tipo visti fino a ora: 1) Estremisti e preparatori per missioni ad hoc (tipo Verviers, Bataclan, Bruxelles). 2) Elementi reclutati da «pianificatori virtuali», membri che scrutano la Rete e sono capaci di individuare possibili reclute in Occidente. Operano in modo massiccio. Nel caso indicano i target, il modus operandi. 3) Terroristi che sono in contatto online con dei referenti, ma il loro rapporto è puramente teorico, non ricevono ordini di alcun tipo, hanno ampia autonomia. 4) L’estremista che agisce in solitaria, non esiste vincolo, neppure remoto. Si tratta di una sintesi che lascia spazio ancora a interpretazioni e analisi differenti. Spesso lo stesso episodio è letto in modo opposto in quanto ci sono situazioni che ricadono nella classica «area grigia».
Una teoria (peraltro contestata) vuole che i quadri del Califfo abbiano dato vita a un’entità sulla falsariga dei servizi segreti di Saddam, visto che diversi funzionari sono passati nei ranghi della resistenza sunnita.
E a questo si aggiunge la lunga tradizione degli 007 del deposto dittatore nell’usare gruppuscoli mediorientali, abituati anche ad agire in un contesto straniero e con il ricorso a tecniche sofisticate. Certe esperienze non si dimenticano.
Il tesoro di informazioni
Gli Usa sperano di comprendere di più dal bottino conquistato a Manbij, cittadina nel nordest della Siria strappata all’Isis dall’azione congiunta di curdi YPG e ribelli.
L’intelligence ha infatti recuperato un gigantesco archivio della fazione jihadista, circa 10 mila documenti e una montagna di dati digitali conservati in memorie-computer-chiavette: ci sono nomi, indicazioni, luoghi, rotte seguite dai volontari, aggregazioni di combattenti stranieri, network. L’Isis è ossessionato dalla segretezza, ma anche è pignolo dell’amministrazione del suo apparato, dunque conserva una mole di file/fascicoli. Forse spunteranno tracce interessanti per svelare quello che non sappiamo su un avversario adattabile, dinamico, abituato – dalle circostanze e dalle necessità – a cambiare. Per questo difficile da contrastare con un’unica strategia.