la Repubblica, 28 luglio 2016
La Ferrari cambia di nuovo: via James Allison
La notizia della separazione tra James Allison e la Ferrari, comunicata ieri mattina dalla Scuderia, ha il sapore amaro di un fallimento. Tecnico, umano e manageriale. Perché, al di là delle rassicurazioni e delle parole con cui Maranello ha accompagnato la sua decisione, il senso ultimo di quanto sta accadendo in queste ore è piuttosto chiaro: Sergio Marchionne e Maurizio Arrivabene non sono stati in grado di avvicinare la Ferrari alla Mercedes, come da obbiettivo prefissato, e dopo due anni di lavoro, non sono riusciti nemmeno garantire quella stabilità gestionale, quella contiuità tecnica indispensabile, in F1, per ottenere risultati apprezzabili.
James Allison, uno dei tre tecnici più apprezzati dell’intero Circus, era l’uomo che quella continuità rappresentava in maniera perfetta: scelto, corteggiato e strappato alla concorrenza da Luca Montezemolo e Stefano Domenicali, valorizzato dall’ex team principal Marco Mattiacci e infine, appena nel 2015, messo al centro del progetto da Arrivabene con l’entusiastica benedizione di Marchionne. In breve tempo, la sua preparazione, la sua conoscenza dello sport, il suo prestigio indiscusso, ne avevano fatto il punto di riferimento per tutti. Punto di riferimento che da ieri non c’è più. Al suo posto, anche se con un titolo diverso (non più “direttore tecnico”, ma cheaf technical officer), Marchionne ha designato Mattia Binotto, promosso per gli ottimi risultati nel coordinamento dell’area motore. Ex braccio destro di Domenicali, Binotto è in Ferrari da 21 anni ed è molto stimato da tutto l’ambiente.
Certamente farà molto bene. Il problema, però, non sono le qualità di Binotto e del suo lavoro. Ma le motivazioni, la tempistica e le conseguenze dell’allontanamento di Allison. Le parti si sono separate in maniera consensuale, anche se pochi mesi appena dopo il rinnovo del contratto e a metà stagione. Il motivo ufficiale, stando alla Ferrari, è principalmente da ricondursi alla drammatica scomparsa della moglie del tecnico inglese, Rebecca, morta nel marzo scorso a soli 46 anni. Allison è rimasto da solo con tre figli che vivono e studiano in Inghilterra, dove adesso, libero da impegni in Italia, tornerà (pare alla Lotus Renault).
Con apprezzabile onestà, la Ferrari lascia trapelare anche una certa insoddisfazione circa il lavoro del dt (esperto in particolare di telaio ed aerodinamica, proprio le aree in cui la Rossa va peggio). La situazione, a Maranello, era diventata pessima, con i tecnici inglesi che non parlavano con quelli italiani, i telaisti che scaricavano responsabilità sui motoristi e con la macchina che peggiorava invece di migliorare. Da altre attendibili fonti si apprende invece che il vero motivo sia l’incompatibilità caratteriale di Allison con Marchionne e Arrivabene. Un’incompatibilità esplosa all’indomani del gp di Barcellona quando, considerato il secondo di distacco rimediato dalla Mercedes su una pista in cui il telaio aveva un ruolo predominante, Marchionne ha realizzato di essere stato mandato a scogli dai suoi uomini. I quali in inverno gli avevano dipinto uno scenario ben diverso dalla realtà, tanto da spingerlo a dichiarazioni incaute, «lotteremo per il mondiale già da quest’anno» (il programma originale diceva «Titolo nel 2017») e «vinceremo già in Australia».
Da quel giorno di metà maggio in poi, Allison è stato corpo estraneo in Ferrari. Il problema, però, è che proprio in questi mesi il dt in uscita, insieme a Simone Resta (il designer che ha firmato il non proprio felice progetto dell’Sf16h), stavano lavorando alle linee guida della vettura per il 2017, stagione in cui la Fia ha previsto macchine nuove, rivoluzionate nell’aerodinamica (Binotto è esperto di motori).
La situazione, ad oggi, è dunque questa. Nel 2016 la Ferrari non ha ancora vinto un gp. Per il 2017, mentre Mercedes, Red Bull e McLaren hanno già chiuso, almeno nelle linee guida, il progetto della nuova macchina, in Ferrari sono ancora in alto mare. Al punto di non sapere ancora nemmeno chi si assumerà la responsabilità di quel progetto che, negli annunci di Marchionne ai tifosi – e nelle comunicazioni agli azionisti – dovrebbe vincere il mondiale.