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 2016  luglio 28 Giovedì calendario

Lisbona e Madrid sono state perdonate. Perché?

I numeri non tornano, ma gli sforzi ci sono. La Spagna e il Portogallo hanno scampato la multa e avranno due anni in più per tornare nei ranghi. Le regole non vengono nuovamente attuate, merito (o colpa) dell’euroscetticismo dilagante. La Commissione europea aveva accusato i due Paesi iberici di non aver rispettato gli impegni per il contenimento del deficit. La procedura, secondo le regole del patto di stabilità, prevede delle sanzioni economiche. Una misura mai applicata da quando c’è l’euro, ma scritta con chiarezza nei trattati. Nel 2015 il Portogallo aveva un deficit del 4,4%, e la Spagna del 5,1%. Entro quest’anno avrebbero dovuto riportarlo sotto il 3% e invece entrambi hanno mancato il target. L’iter era partito in primavera, poi ai primi di luglio i due commissari interessati, quello agli Affari economici e finanziari Pierre Moscovici e il vicepresidente Valdis Dombrovskis, avevano alluso, senza scendere in dettagli, a una punizione in denaro, oltre alla minaccia, che resta in piedi, del taglio dei fondi strutturali per il 2017 (misura ancora più temuta della multa da due Paesi che escono da anni di recessione). Secondo i calcoli si sarebbe dovuto trattare del 0,2 per cento del Pil, nel caso della Spagna circa due miliardi di euro.
Spettatori interessati della partita Francia e Italia, secondo molti i prossimi obiettivi della Commissione. Così, da Parigi e Roma le pressioni (interessate) sono state molte. Prima ancora che l’Ecofin stabilisse l’entità della sanzione è arrivato ieri lo stop. «Abbiamo deciso che l’approccio punitivo non è il migliore in un momento di dubbi dei cittadini nei confronti dell’Unione europea», ha spiegato Moscovici. Altra motivazione: Spagna e Portogallo hanno trascorso anni tremendi a causa dell’austerità (nel caso di Lisbona è anche arrivata la troika) e punire quei Paesi proprio quando si intravede la ripresa sarebbe controproducente.
Insomma tutti temi più politici che economici. Tanto che tra gli Stati più virtuosi dell’Euro riemerge il solito malumore per la flessibilità nell’interpretazione delle regole. Il dibattito è aperto in tutte le forme. Da una parte ci sono i Paesi del Nord che si chiedono, ancora una volta, perché si possono far saltare le regole per motivi di opportunità politica. Dall’altra, la decisione di ieri, è cavalcata anche dagli euroscettici che trovano conferma del cavallo di battaglia: le regole sono sbagliate, «talmente sbagliate che nemmeno la Commissione vuole applicarle» si mormora a Madrid. «Le regole sono complicate e le multe un errore», ragiona un diplomatico a Bruxelles.
«Siamo in un limbo che non fa bene a nessuno - dice l’economista José Carlos Díez, esperto di temi europei -. Era un’assurdità la multa, ma ora si risolvano le ambiguità». Il governo spagnolo canta vittoria, ma la situazione politica di totale incertezza (un esecutivo vero manca da dicembre, quello attuale è facente funzione) lascia dei dubbi enormi sul futuro. E senza governo chi compirà gli impegni presi? «Rajoy ha rassicurato l’Europa che ci sarà presto un governo - prosegue Díez - ma Madrid sembra propendere per nuove elezioni».
L’agenzia di rating Fitch, intanto, rivede al ribasso la crescita dell’Italia allo 0,8% quest’anno, dall’1% stimato in precedenza, e all’1% sia per il 2017 sia per il 2018, dai rispettivi 1,3% e 1,1 per cento.