La Gazzetta dello Sport, 27 luglio 2016
Il parroco stava celebrando la messa, e a un tratto da dietro l’altare sono apparsi due individui, hanno afferrato il prete da dietro e dopo una specie di rito gli hanno tagliato la gola, poi hanno preso in ostaggio altre cinque persone, di cui tre sono state ferite e una di queste gravemente

Il parroco stava celebrando la messa, e a un tratto da dietro l’altare sono apparsi due individui, hanno afferrato il prete da dietro e dopo una specie di rito gli hanno tagliato la gola, poi hanno preso in ostaggio altre cinque persone, di cui tre sono state ferite e una di queste gravemente. Si tratta di una suora adesso in fin di vita. Una seconda suora è riuscita a scappare e ad avvertire la polizia, mentre i fedeli in chiesa gridavano o cadevano in ginocchio. Gli uomini delle Brigate di Pronto Intervento sono arrivate quasi subito, e hanno sparato ai due terroristi, uccidendoli. Non ci sono altri feriti, ma la suora ricoverata in ospedale è gravissima. La folla dei fedeli è stata fatta tornare a casa senza problemi. L’Isis ha rivendicato: «Sono nostri soldati. L’attacco è stato compiuto in risposta alla chiamata di colpire i Paesi della coalizione crociata».
• L’attentato è stato compiuto in Francia, vero?
Sì, nella bellissima cattedrale di Saint-Etienne-du Rouvray, alla periferia di Rouen, in Normandia. Da quelle parti è nato anche il presidente François Hollande, che ieri pomeriggio era subito sul posto e dichiarava che è in corso una guerra, «e la vinceremo». Le cose che si dicono, che si devono dire, in questi casi.
• Lei non crede che vinceremo la guerra?
Credo che sia in atto una guerra, vedo la tattica del nemico che, sgominato sul terreno (così ieri anche il nostro ministro degli Esteri, Gentiloni) vuole seminare il terrore tra le popolazioni civili, per il momento di Francia e forse di Germania. Non credo che il nemico abbia una strategia vera e propria, cioè un obiettivo concreto dal conquistare, raggiunto il quale possa proclamarsi vincitore e magari negoziare una pace. Il nemico è sostanzialmente criminalità organizzata mascherata da movimento religioso. C’è molto da guadagnare, se ci si sa muovere nei sotterranei, a tenere sotto ricatto i Paesi ricchi del mondo. L’aver ucciso un prete, durante la messa delle nove del mattino, in chiesa e davanti ai fedeli significa un salto di qualità? Chi lo sa. Forse no: un locale notturno, uno stadio, la redazione di un giornale, un supermercato, un ristorante, una passeggiata sul mare, un treno, una chiesa. Alla fine, forse, un luogo vale l’altro. Fino a che tutto questo non sarà diventato routine, e in quel momento l’Isis avrà perso sul serio. Perché che sbarchi a San Pietro a Roma o sugli Champs-Élysées a Parigi mi pare inverosimile.
• Parliamo di questo povero prete.
Un sacerdote di 86 anni, che non ha voluto andare in pensione a 75, come gli era possibile. Si chiamava Jacques Hamel. Calvo, gran naso, faccia scavata. I due terroristi l’hanno costretto in ginocchio, poi si sono messi a girare un video mentre mormoravano qualcosa, forse una preghiera. Infine gli sono saltati addosso e l’hanno sgozzato. Era nato a Darnètal, Seine-Maritime, ed era prete ausiliario della parrocchia da dieci anni. Ordinato nel 1958, nel 2008 aveva celebrato il giubileo d’oro, cinquant’anni di servizio. Lo scorso 6 giugno con un editoriale sul giornale della parrocchia aveva invitato i fedeli a portare un po’ di misericordia in un mondo colpito da troppi orrori. Una vita e, crediamo, una fede semplici, che non somigliano in alcun modo al martirio finale. Mi viene in mente l’Estote parati di San Matteo e di San Luca, «quia qua nescitis hora», perché il Figlio dell’uomo arriverà in un’ora che non immaginate.
• Che cosa sappiamo dei due attentatori uccisi dalle Brigate di pronto intervento?
La polizia inizialmente non ha diffuso i nomi, forse imitando i tedeschi che non raccontano quasi niente. Sembra che fossero del posto, e che siano addirittura stati riconosciuti da qualcuno tra la gente che era in chiesa. Uno dei due si chiamerebbe Adel Khermiche, francese di origine algerina, aveva 19 anni e viveva in casa dei genitori. Nel 2015 aveva cercato per due volte di raggiungere la Siria per combattere col Califfo. Il fratello c’era riuscito, lui l’ultima volta era stato intercettato e bloccato in Turchia, poi arrestato e messo in carcere a Ginevra. Tornato in Francia era stato condannato per associazione a delinquere con finalità di terrorismo, tenuto in galera per circa un anno fino al 22 marzo scorso, poi liberato con l’obbligo di stare a casa, ma con il permesso di uscire per quattro ore al mattino, dalle 8.30 alle 12.30 e anche col braccialetto elettronico alla caviglia. L’attentato in chiesa è stato compiuto intorno alle nove e trenta. I due avevano con se armi e cinture esplosive poi risultate finte.
• Ma è incredibile! Ogni volta la polizia francese si mostra sempre meno efficiente.
Il problema è che la Francia, cone l’Italia e gli altri, ha leggi rispettose, per niente adatte a un periodo di guerra. Se cambiarle o no, intaccando le nostre care libertà, è uno dei grandi problemi del momento.