MilanoFinanza, 27 luglio 2016
Ecco perché Google ha battuto Yahoo
Nei primi anni 2000 Yahoo dominava il web grazie al saldo controllo sul sito più trafficato al mondo e un valore di mercato di 125 miliardi di dollari. In quello stesso periodo si affacciava nel mondo di internet un nuovo player che stava emergendo come strumento di ricerca nella rete. Oggi Alphabet, la holding cui fa capo Google, è la seconda società al mondo per valore di mercato (516 miliardi) e ha chiuso l’ultimo bilancio con un utile di 16,35 miliardi di dollari. Invece Yahoo, che l’anno scorso ha registrato una perdita di 4,36 miliardi di dollari, lunedì ha ufficialmente accettato la proposta di acquisizione di Verizon Communications per 4,8 miliardi di dollari.
Una serie di fattori ha portato ai due divergenti destini, ma alla base del trionfo di Big G c’è un management coerente che si è concentrato senza sosta sulla tecnologia al servizio della massiccia attività pubblicitaria online. Yahoo al contrario ha tentennato sotto la guida di sei amministratori delegati che sovente hanno indugiato sul contenuto a scapito della tecnologia stessa, dando luogo a una sfocatura nei modelli di business.
A differenza di Google, l’origine del gruppo di Sunnyvale non è radicata nella tecnologia, in quanto è frutto di human curation. Correva l’anno 1994 e Jerry Yang e David Filo, freschi di specializzazione alla Stanford University, compilavano a mano un indice di qualche centinaio di siti web che fluttuavano scollegati nella rete. Poi hanno assunto decine di persone per vagliare l’inondazione di richieste provenienti dai siti web che desideravano essere inseriti nell’indice e hanno prodotto servizi aggiuntivi, quali le news, l’email e le chat room per rinforzare la posizione di Yahoo come portale web.
Altri due compagni di studi a Stanford, ossia Larry Page e Sergey Brin, hanno adottato un approccio differente. Hanno sviluppato un complesso algoritmo software che scandaglia internet per raccogliere contenuti: un metodo completamente automatizzato che ha rapidamente consentito il superamento dell’indice di Yahoo e, al momento dell’esplosione di internet, ha dato luogo a una vera scalata.
«Google ha accumulato grande esperienza nella tecnologia di ricerca automatizzata, mentre Yahoo ha cercato di proseguire nella classificazione del web preferendo gli esseri umani», spiega Danny Sullivan, fondatore del sito web Search Engine Land. «E quando ha cercato di invertire la rotta, Google si era già affermato come primo motore di ricerca al mondo».
La dirigenza di Mountain View (i fondatori e l’allora amministratore delegato Eric Schmidt, accomunati da una formazione informatica) ha mantenuto la focalizzazione sullo strumento di ricerca. La qualità ha attratto milioni di utenti che hanno rivelato i propri bisogni e interessi interrogando il software. Quindi Google ha commercializzato spazi pubblicitari all’interno dei risultati di ricerca, incrementato le proprie entrate attraverso la creazione di un’asta per gli spazi che ha migliorato la pertinenza degli annunci, portando a un aumento dei prezzi e dei click sulle pubblicità. Contribuendo quasi per il 90% ai 75 miliardi di dollari di fatturato raggiunti l’anno scorso, questo modello di business nell’advertising rappresenta uno dei maggiori successi del commercio moderno.
Preso atto di questo traguardo, Yahoo ha cercato di dare una svolta mediante l’assorbimento di società specializzate in ricerca e tecnologia pubblicitaria e tramite l’abbandono della partnership con Google nel 2004 al fine di creare un’alternativa. Ma l’intento di assicurarsi la stessa presa sugli inserzionisti non è andato a buon fine e ha continuato a fare affidamento sulle strategie media. Marissa Mayer, attuale ceo di Yahoo ed ex executive di Google, ha tentato diverse strade, tra cui l’investimento di 20 milioni di dollari per la trasmissione di una partita della Nfl, ma non è riuscita ad arrestare il crollo dei ricavi.
Page e Brin, noti per l’enfasi sull’importanza delle competenze ingegneristiche del proprio personale, hanno posto l’accento sulla tecnologia. Il risultato? Sette prodotti con almeno un miliardo di utenti, quali le mappe, Gmail e il software per smartphone Android. In breve, tutti gli utenti sono incanalati nel business pubblicitario del motore di ricerca.
Larry Kim, fondatore di WordStream, ricorda un colloquio del 2001 in cui i creatori di Google gli hanno chiesto di elaborare algoritmi complessi. «Erano domande sofisticate di informatica per un posto da programmatore di primo livello», racconta. «L’azienda incarna il Dna dei suoi ideatori».
Page, Brin e Schmidt tuttora gestiscono Alphabet e controllano la maggioranza del capitale con diritto di voto, contribuendo a garantire la coerenza del percorso. I top manager sostengono di avere costituito Alphabet alla ricerca del prossimo grande business nel settore tech. Nel frattempo, secondo gli analisti, Yahoo non ha praticamente introdotto alcuna innovazione dai tempi del picco, ossia proprio dai primi anni 2000.