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 2016  luglio 27 Mercoledì calendario

Sulla pastasciutta antifascista dei partigiani di Riccione

Pare evidente che in Italia c’è il problema del fascismo, lo sanno tutti: ecco perché l’Anpi di Riccione (a Riccione c’è una sezione dell’Anpi, Unione nazionale partigiani italiani) ha pensato di cavalcare la stretta attualità e di organizzare una necessaria «pastasciutta antifascista», così da festeggiare appunto la caduta del fascismo. Bene, a noi che ce ne frega?
Ce ne frega, perché ovviamente è scoppiata una «polemica» e però no, fermi, noi non vogliamo schierarci, non vogliamo affiancare tutti coloro che in questi giorni hanno bersagliato l’Anpi di insulti sui social network, non ci piacciono quelli che hanno postato foto del Duce (a meno che sia goliardia: a noi la goliardia piace) e non è neppure il periodo per paragonare l’Anpi all’Isis, come hanno fatto altri con una sensibilità senza partito. Sappiamo tante cose: che, tra le due parole, pastasciutta è molto più centrale di antifascista, che quei 16 chili di penne cucinate per 120 persone sono anzitutto un pretesto per farsi una spaventosa merendona paesana.  Sappiamo pure, perché siamo informati, che il 25 luglio le pastasciuttate antifasciste sono state almeno un’ottantina, come verificabile su apposita pagina Facebook: c’è la pagina Facebook anche di quello.
Dunque? Dunque due cose. La prima ci mette in difficoltà, e l’ha detta l’ex sindaco del piccolo comune di Gemmano, lì vicino, in provincia di Rimini: «Questa mangiata si rifà a un fatto storico avvenuto nel luglio del ’43, sono passati 73 anni e ancora l’Anpi porta avanti queste iniziative che mi sembrano fuori tempo e che trasformano i partigiani nei veri nostalgici. Perché queste iniziative sono da condividere e invece non si possono rifare quelle del Ventennio? Perché l’Anpi non fa la pastasciutta per i poveri? Sveglia, il mondo è cambiato». Problema: pur essendo parole razionali, il sindaco che le ha dette si chiama Edda Negri Mussolini (candidata con Futuro e libertà nel 2013) e non è un’omonimia, è proprio una nipote del duce: dunque, dandole ragione, appariremmo schierati. Meglio di no. Allora facciamo un altro ragionamento, forse più attuale. Il discorso non è tanto quello di notare che l’Anpi vive in un altro secolo, e che il fatto stesso che semplicemente esista la rende ridicola agli occhi di noi tutti: peraltro sarebbe divertente vedere che cosa discutano nei loro congressi nazionali (fanno anche quelli) ed è già notevole che dal 2007 possano diventarne dirigenti anche ai non combattenti & reduci, i quali, per ovvi motivi, tendono a essere morti. Ma è pur vero che esistono associazioni anche di pesca alla mosca, che ci frega a noi? Ecco, il discorso è che l’Anpi ha aperto le iscrizioni a decine di migliaia di iscritti (compresi i soliti attori e cantanti che s’iscrivono a tutto, causa i loro complessi d’inferiorità culturale) sicché è chiaro che l’Anpi da molto tempo è un bastione del welfare all’italiana, roba che – come gli oratori, i boy scout, i cral, i dlf – serve a far giocare a briscola e a far bere grappini a milioni di pensionati scassacazzo, gente spesso adorabile ma che ecco, di tutto abbisogna fuorché di motivi per dividersi: soprattutto se datati 1943.
 Insomma, conosco vecchini che preferiscono bastonare uccelli ai giardinetti piuttosto che iscriversi a un’associazione divisiva (si dice oggi) come l’Anpi, che oltretutto ha il difetto di percepire laute sovvenzioni dai vari comuni di appartenenza. E allora diciamo, invochiamo, proponiamo: amici riccionesi, fate la pastasciutta, fatene una tonnellata, invitate anche noi, ma che cacchio vi frega di farla antifascista? Fatela contro i terroristi, contro gli euroburocrati, contro certe riforme, ma piantatela di raccontarvela con lo spingardino in mano e una separatezza da rincoglioniti. Armiamoci. E magnamo.