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 2016  luglio 26 Martedì calendario

Effetti fiscali e legali dell’espatrio della Exor

La scelta di “espatriare” in Olanda, produce per Exor anche effetti di natura fiscale e legati alla governance. Quando Fiat ha costituito una newco di diritto olandese per incorporare Fiat Spa e Chrysler, prendendo però la residenza fiscale nel Regno Unito, ha beneficiato di un’aliquota dell’imposta sulle società del 21%, ridotta al 10% per i profitti attribuibili a marchi, brevetti e altri assets intangibili. Vantaggi (e scelte) che andranno verificati in base alla piega che prenderà il percorso di Brexit.
Ora è Exor a fare rotta sui Paesi bassi, che diventeranno la sede sia legale sia fiscale della nuova holding. Ci saranno, quindi, conseguenze fiscali importanti anche se ancora difficili da quantificare. Ad esempio, verrà sottratta la partecipazione in Partner RE, che ha sede in Bermuda, alla disciplina italiana sulle Cfc (Controlled foreign companies), finalizzata a contrastare la delocalizzazione di redditi in società residenti in paradisi fiscali (anche se la nuova holding olandese dovrà confrontarsi con la nuova disciplina Cfc che l’Unione europea ha appena varato). Oppure sulle azioni di Exor, negoziate sul mercato milanese, una volta trasferita la sede legale in Olanda, non sarà più dovuta dagli azionisti l’imposta sulle transazioni finanziarie (Tobin Tax). E ancora, sui flussi percepiti dall’estero da Exor e su quelli corrisposti ai soci non residenti in Italia, il gruppo potrà godere delle esenzioni da ritenuta in entrata (a questo punto in Olanda) e in uscita (dall’Olanda appunto). Anche se l’eventuale trasferimento fuori dai nostri confini delle attività di Exor e delle società che la controllano dovrebbe comportare il pagamento delle imposte sui plusvalori maturati in Italia (exit tax): le partecipazioni detenute dovranno essere valutate in base al valore corrente, per tassarne la plusvalenza rispetto al costo fiscale, salvo applicazione, se ne ricorrono i presupposti, dell’esenzione del 95% (participation exemption). Questo a meno che le società in procinto di espatriare non mantengano in Italia una stabile organizzazione, alla quale siano assegnate le partecipazioni.
La Giovanni Agnelli & C. Sapaz, che governa la Exor con il 52,99%, seguirà la stessa strada (come il veicolo societario Dicembre con il quale John Elkann controlla quest’ultima) fondendosi con la contrallata olandese entro la fine del 2016. Ma in questa ottica, nella nota diffusa ieri, si sottolinea che la fusione «non ha impatti sulle società controllate da Exor, i cui impegni industriali e fiscali rimangono invariati, in ognuno dei paesi dove esse operano». I nuovi principi Beps (Base erosion and profit shifting), definiti in ambito Ocse, prevedono in effetti che le imposte vanno sempre collegate, per quota parte, ai redditi attribuibili alle attività svolte sul territorio nazionale.
La scelta dei Paesi Bassi, infine, consentirà di assicurare a chi controlla Exor la flessibilità della disciplina societaria olandese. Così la nuova holding garantirà agli azionisti il diritto di voto multiplo, per effetto del quale chi avrà mantenuto ininterrottamente le azioni Exor per cinque anni maturerà cinque diritti di voto e ancora, dopo dieci anni di possesso delle quote, si aggiudicherà dieci diritti di voto.