la Repubblica, 26 luglio 2016
Gli esaminatori dei cigni della Regina
Non è uscito dalle favole, o dal set di un film in costume, l’uomo in giacca scarlatta, calzoni bianchi e cappello a visiera, su cui una piuma d’uccello è conficcata come una freccia, che impartisce ordini a un variopinto equipaggio in una mattinata di sole sul Tamigi. Il suo nome è David Barber. Il suo titolo ufficiale è Swan Marker, esaminatore di cigni. E i suoi compagni, in abiti altrettanto variopinti, comprendono lo Swan Warden, ovvero guardiano dei cigni, nella persona del professor Christopher Perrin, ornitologo di Oxford, e una dozzina di marinai, disposti su sei piccole imbarcazioni a remi.
Come ogni anno nella terza settimana di luglio, questa insolita ciurma celebra una delle più antiche tradizioni del Regno Unito: il censimento dei cigni della regina. Un rito che si ripete puntualmente da nove secoli e aiuta a capire l’orgogliosa diversità dell’Inghilterra.
I cigni, naturalmente, hanno una storia ancora più lunga di quella inglese. Già li ammiravano Socrate e Platone, credendo che i loro richiami crescessero d’intensità in prossimità della morte: l’idea del “canto del cigno”, inteso come magnifica interpretazione finale, nasce dai filosofi greci. Ma nella Londra dell’undicesimo secolo erano apprezzati per una più prosaica ragione: come cibo prelibato da servire in tavola ai banchetti della nobiltà. Da allora la Corona stabilì che tutti i cigni delle acque di Inghilterra e Galles appartenevano alla monarchia: per appropriarsene occorreva il permesso del re. Un decreto del 1482 di Edoardo IV precisava lo scopo: evitare che i preziosi volatili finissero in mano a “vagabondi, delinquenti o altre persone di cattiva reputazione”. Perciò, ogni estate, venivano contati e marchiati, solitamente con un segno sul becco, da apposite compagnie al servizio di Sua Maestà.
Oggigiorno non li mangia e non li marchia più nessuno, ma l’abitudine di contarli e considerarli proprietà reale è rimasta. Il censimento, sia pure per fini conservativi, è affidato alle ultime due compagnie predisposte all’opera, la Worshipful Company of Dyers e la Worshipful Company of Vintners. La conta non copre più l’intero territorio nazionale, ma soltanto un simbolico tratto del Tamigi, nei pressi di Windsor, sede del castello in cui trascorre il week-end la regina Elisabetta, venuta soltanto una volta, nel 2009, a seguire compiaciuta l’operazione da vicino.
Funziona così. Lo Swan Marker, quando avvista una famigliola di cigni, grida «All up». Le barchette li accerchiano e li sospingono a riva, dove li pesano, li misurano e se necessario li curano. Bisogna saperci fare perché i cigni possono diventare aggressivi, specie se percepiscono un pericolo per i loro piccoli, alle zampe dei quali viene messo un anello con microchip, per monitorarli.
Il numero dei giovani cigni, ancora grigi, tende a calare: due anni fa se ne contarono 120, l’anno scorso 83. Sono minacciati da cacciatori di frodo, inquinamento e volpi. «Quest’anno speriamo di tornare a quota 100», dice Barber, l’esaminatore reale. Scolaresche e fan della famiglia reale assistono allo spettacolo, poi gli adulti festeggiano con birra in un pub affacciato al fiume, appropriatamente chiamato Swan Hotel.
In 900 anni, pare che la cerimonia sia saltata soltanto nel 2012, per l’esondazione del Tamigi. Per la Vecchia Inghilterra non è ancora arrivato il “canto del cigno”.