La Stampa, 26 luglio 2016
Mai state tante donne alle Olimpiadi
L’assoluta parità è dietro l’angolo, ma si tratta solo di un numero da raggiungere perché le donne hanno già superato la battaglia tra i sessi ai Giochi.
A Rio ci sarà il contingente femminile più numeroso che le Olimpiadi abbiano mai visto: le americane sono 292 su un totale di 555 convocati. Il precedente record era delle cinesi, 289 nell’edizione del 2008, ma allora si gareggiava a Pechino, stavano in casa mentre gli Usa esportano primato e bandiera: «È la prova che da noi l’accesso allo sport è equo. Investiamo sulle ragazze che si fanno notare». A Londra 2012 avevano superato i maschi di poco, ora li hanno sorpassati anche se qualche residuo arcaico resta: le calciatrici hanno minacciato lo sciopero perché non sono trattate e pagate come la squadra maschile. E loro vincono di più. Ma il pallone non è esattamente uno sport olimpico e resta un mondo a parte.
In costante aumento
La tendenza è chiara, la strada segnata, in Brasile non ci sarà il maggior numero di donne mai registrato, ma la minor disparità tra maschi e femmine. Anche la percentuale, rozzamente calcolata tra i continui cambi per squalifiche e infortuni, punta dritto su un 45 per cento e oltre. In viaggio verso la metà perfetta come dimostra pure l’Italia con le sue 142 atlete, un primato azzurro. E non rosa. Non erano mai state tante e sono un pezzo di squadra, il 47,81%: non certo una quota.
Ai tempi del club esclusivo
Ora sembra tutto quasi scontato, ma solo nel 2012 ogni nazione ha schierato almeno una donna e i cinque cerchi sono partiti come uno di quei club anglosassoni che non ammettono signore. Le prime si sono intrufolate all’inizio dello scorso secolo senza essere nemmeno menzionate nel programma ufficiale. Ammesse, di straforo, sui campi da golf e da tennis perché lì potevano tenersi gonne alle caviglie e camicie accollate.
Siamo partiti da lontano, da un universo esclusivo convinto che solo gli uomini potessero allenare i muscoli, reggere la fatica e non era nemmeno una questione fisica, ma proprio la convinzione che in un tripudio di medaglie e gloria non ci fosse posto per le donne. Discriminazione pura, lo sport rifiutava di applaudire donne straordinarie perché era chiaro che vederle vincere avrebbe cambiato la percezione. Accelerato l’emancipazione.
Hanno espugnato una disciplina alla volta, arrotondando numeri risicati, rimpolpando nazionali monotematiche e nel 2012 è caduto l’ultimo tabù: la boxe al femminile. Ora manca solo la 50 km di marcia, riservata a un unico sesso alle Olimpiadi, ma aperta per la prima volta a tutti nella Coppa del Mondo di Roma, proprio quest’anno.
In realtà adesso bisogna correggere il programma nella direzione opposta: gli uomini sono tutt’ora esclusi dal nuoto sincronizzato. Per la parità vera serve l’equilibrio assoluto.