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 2016  luglio 24 Domenica calendario

Quella volta che Kennedy incontrò gli intellettuali bolognesi

Grazie al lavoro di alcuni storici sappiamo ormai che l’apertura a sinistra e la nascita del primo governo Moro nel 1963 furono favoriti dalla elezione di John Kennedy alla presidenza degli Stati Uniti nel novembre 1960. Quando Giuseppe Saragat e Pietro Nenni si incontrarono a Pralognan in Savoia, nell’agosto del 1956, la prospettiva di una riconciliazione fra le due anime del socialismo italiano era percepita a Washington come una potenziale minaccia alla stabilità della penisola. La diffidenza e i timori furono evidenti durante tutta la presidenza Eisenhower. Alla «svolta», come fu definita, erano allora contrari la Casa Bianca, il dipartimento di Stato, la Cia e, naturalmente, l’ambasciata degli Stati Uniti a Roma. L’opposizione americana, come accade spesso in questi casi, era usata da quella parte della Democrazia cristiana e della società italiana per cui aprire a Nenni significava avvicinare pericolosamente il Pci alle soglie del potere.
L’elezione di Kennedy non cambiò immediatamente il quadro politico, ma suggerì a un gruppo di intellettuali italiani le grandi linee di una strategia culturale. L’animatore di questo gruppo era Fabio Luca Cavazza, fondatore con altri studiosi del Mulino (una «società di pensiero» come sarebbe stata chiamata nella Francia del Settecento) che pubblicò subito una rivista e divenne una delle migliori case editrici nazionali. Cavazza conosceva gli Stati Uniti, aveva amicizie nel mondo accademico e constatò con piacere che alcuni dei suoi amici americani (fra cui in particolare Arthur Schlesinger) avevano seguito Kennedy alla Casa Bianca. Da quel momento, ricorrendo a una larga rete di conoscenze europee e americane, si impegnò nel tentativo di provare che esisteva una sorta di cuginanza intellettuale fra la svolta a sinistra della politica italiana e la «Nuova Frontiera» che Kennedy aveva promesso agli americani durante la campagna elettorale. L’occasione per creare contatti, confrontare idee e suscitare progetti, fu un convegno a Bologna nell’aprile del 1961 a cui venne invitata una delegazione americana composta da un ex segretario di Stato (Dean Acheson), uno dei maggiori studiosi di politica internazionale (Hans Morgenthau) e uno dei più intimi consiglieri di Kennedy (Arthur Schlesinger). Il grande archivio di Cavazza, custodito dalla famiglia, ha permesso a un giovane studioso italiano, Francesco Bello, di ricostruire questo disegno in un libro intitolato Fabio Luca Cavazza, la Nuova Frontiera e l’apertura a sinistra, pubblicato ora a Napoli da Giannini Editore.
Il convegno cominciò il 22 aprile con un intervento in cui Cavazza sostenne che l’elezione di Kennedy obbligava gli europei «a un urgente schietto riesame dei comportamenti politici che qui, nel vecchio continente, hanno contraddistinto sia a livelli pubblici che privati tanta parte della nostra classe dirigente». Auspicava lo svecchiamento della politica e rendeva un evidente omaggio alla leadership americana; ma l’omaggio cadde in una fase che fu per Kennedy difficile e imbarazzante. Il 7 aprile il «New York Times» aveva pubblicato in prima pagina che alcune unità anticastriste venivano addestrate al combattimento in Florida e che vi sarebbe stata una probabile invasione di Cuba il 18 aprile. Lo sbarco dei 1.500 cubani nella Baia dei Porci ebbe luogo effettivamente nella notte fra il 17 e il 18 aprile e fu un clamoroso insuccesso.
Nelle sue memorie ( I mille giorni di John Kennedy, pubblicato in italiano da Rizzoli nel 1966), Schlesinger scrive di avere chiesto al presidente, prima di partire per l’Italia, se il viaggio a Bologna fosse ancora opportuno. Kennedy lo autorizzò e disse: «Forse puoi spiegare che cosa abbiamo fatto. Cerca di fare del tuo meglio». Quando arrivò in Europa il consigliere del presidente constatò che la stampa stava dando di Kennedy un giudizio alquanto negativo. Il «Corriere della Sera», in particolare, scrisse che in una sola giornata il prestigio degli Stati Uniti era caduto a un livello più basso di quello raggiunto negli otto anni di timidezza e tentennamenti della presidenza Eisenhower.
La disavventura di Kennedy non ebbe alcuna influenza sul convegno di Bologna. Mentre Cavazza continuava a tessere con successo la sua trama, il presidente riprendeva in mano il controllo della situazione e riconquistava la fiducia della opinione pubblica democratica, negando ai ribelli cubani l’aiuto della aviazione americana. Il vero colpevole agli occhi di tutti fu la Cia, regista della operazione e prima responsabile del suo fallimento. Ma la Cia era anche uno dei principali avversari dell’apertura a sinistra in Italia; e a Cavazza non dovette spiacere che un nemico americano del suo disegno uscisse male dalla crisi cubana.