Corriere della Sera, 24 luglio 2016
«Tutti col frisbee». L’estate del 1978 a Milano raccontata da Vergani, tra spiagge di marmo bianco, soffi della metropolitana e bambini che fanno il tifo
Pubblichiamo l’articolo apparso sul Corriere della Sera del 31 luglio 1978, dal titolo «Frisbee, innocua follia della vacanza in città»
Nella città svuotata dalla follia estiva, c’è una spiaggia di marmo dove i ragazzi giocano a «frisbee». Piazza del Duomo si sta lentamente oscurando anche se la notte, con l’ora legale, scende in ritardo, ma un po’ di luce arriva dai lampioni, dai pannelli pubblicitari del palazzo di fronte alla cattedrale, dalla bocca della Galleria dove ci sono i caffè aperti, persino da un paio di farmacie. Ogni tanto, lievissimo, viene dal sottosuolo il soffio della metropolitana.
Il «frisbee» è nato per esser giocato nei campus dei collegi americani, su prati verdissimi, oppure sulla sabbia in riva al mare: è un disco di plastica che deve esser lanciato con un rapido movimento del polso e, naturalmente, acchiappato al volo dall’avversario.
Se lanciato bene, può volare per una settantina di metri. Ma siamo a Milano e occorre arrangiarsi. A Milano il verde non c’è. Anche in questa stagione la sabbia e il mare sono lontanissimi per moltissima gente. Allora si combinano due piccole squadre e si fa volteggiare il «frisbee» sotto il naso del cavallo che ha in groppa Vittorio Emanuele II, un cavallo che, di fronte alla mole del Duomo, sembra preso dallo spavento. I rettangoli di marmo bianco del sagrato delimitano il campo.
La tecnica
Se il «frisbee» viene scagliato con troppa forza, va a finire verso i Portici Meridionali e si perde nel buio. Se è l’altra squadra a farlo volteggiare con eccessiva energia, il disco di plastica plana verso la Galleria, verso le finestre della casa dove una volta abitava Filippo Turati, Qualche volta il «frisbee» viene inghiottito dalle scale che calano nella stazione della sotterranea e bisogna scendere a cercarlo. Altre volte c’è un cane, portato dal padrone a far quattro passi in piazza, che tenta di afferrare quello strano oggetto che scende, librandosi, fino a terra.
Attorno ai giocatori c’è un ovale di spettatori, un pubblico pronto ad applaudire uno spettacolo che non costa nulla, milanesi che le vacanze se le sognano o che ci devono ancora andare. Dove dirigere i propri passi in una città arcigna, tappezzata di perentori cartelli che rimandano la riapertura di negozi, bar, ristoranti alla fine di agosto?
In piazza del Duomo c’è l’unico pozzo di luce lattiginosa, chi vuole può ascoltare le discussioni politiche ed economiche (...), in Galleria ci sono tavolini occupati quasi esclusivamente da stranieri.
La rivincita
I giocatori di «frisbee» probabilmente non hanno mai avuto tanti ammiratori. Qualcuno di essi si sente emulo di Panatta: nel tentativo di agguantare il disco ruzzola sulla pietra del Sagrato, a rischio di finire all’ospedale. Una squadra è formata da inglesi, invitati dagli appassionati di «frisbee». L’altra di italiani. Gli inglesi sono probabilmente molto più abituati di noi a far volare il disco e a riagguantarlo. Hanno a disposizione parchi immensi, dove c’è spazio per tutti.
Come fare a spiegare agli inglesi che a Milano il «frisbee» è un piccolo sport da esercitare, quando va bene, su una piana dalla quale sono stati cacciati i piccioni? Il più bravo degli inglesi ha i capelli lunghi fino alle spalle e un nastro all’indiana che gli cinge la fronte. Ma quando il disco si perde nell’oscurità della grande piazza, sono gli italiani gli unici in grado di ritrovarlo. Qualche pensionato, che prende un po’ d’aria passeggiando sotto i portici, si sente arrivare il «frisbee» tra le gambe.
Se l’aggeggio entra nella Galleria, favorito dal vento, bisogna andarlo a raccogliere tra i tavolini dei caffè. Ci si arrangia insomma a Milano, d’estate; i bambini fanno il tifo per quello dai capelli lunghi, gli abitudinari della passeggiata serale sul Sagrato commentano in dialetto i tiri più belli (...). Per una sera persino il leggero disco di plastica, che vola tra le luci intermittenti delle insegne pubblicitarie, porta via i i pensieri più tristi.