Corriere della Sera, 24 luglio 2016
Dare il benservito per lettera a un pulcino di dieci anni. Intervista alla mamma che non ci voleva credere
«Inviamo la presente per comunicarti che non rientri più nei quadri tecnici della nostra società in vista della stagione sportiva 2016/2017. Nel ringraziarti dell’impegno profuso a favore dei colori bianconeri, ti salutiamo cordialmente». La formula è pari pari il congedo degli allenatori di serie A; ma il destinatario è un bambino di dieci anni, un «pulcino», come si dice nel gergo del calcio. Non contenta di allenatori che invitano i baby calciatori «ad attaccare lo spazio», di genitori che inveiscono contro gli avversari come capi ultrà, la galleria degli orrori del pallone si fregia di questo ulteriore episodio che arriva da Parma, il «pulcino» scartato perché non rientra nei piani del mister.
«Non ci volevo credere» spiega la madre del protagonista involontario della vicenda, uno scolaro che si appresta a iniziare la quinta elementare e che ha denunciato il fattaccio alla Gazzetta di Parma.
Signora, sognavate la serie A per vostro figlio?
«Per carità. Crediamo al valore educativo dello sport tanto che oltre al calcio, mio figlio pratica judo. Avevamo scelto quella scuola calcio perché ci era stata descritta come molto seria, perché portava il marchio della Juventus ed era intitolata a Gaetano Scirea, un simbolo di lealtà e impegno».
L’episodio era stato preceduto da qualche avvisaglia?
«Il bambino non ha mai saltato un allenamento che piovesse o nevicasse lui era sempre là. Nella seconda parte del campionato aveva pure giocato come portiere perché il titolare si era infortunato. Però qualche genitore si era lamentato perché il figlio restava in panchina e il presidente aveva risposto “decide l’allenatore”. Con atleti di 10 anni? E il diritto al gioco stabilito anche dall’Unicef che fine fa?».
E infatti ecco arrivare per posta il benservito. Cosa è successo quella mattina?
«La società aveva comunicato una scrematura dei tesserati. La lettera era indirizzata a mio figlio in persona. Lui la apre e scoppia a piangere. Questa è macelleria sociale».
La vostra prima reazione?
«Ho mandato una mail alla sede della Juve a Torino: mi hanno risposto in due ore scusandosi e dicendo che la scuola di Parma usa in modo abusivo il loro nome. Ma adesso mio figlio continua a chiedermi se potrà tornare a giocare con i suoi amici e io non so cosa rispondergli».
Potrebbe raccontargli l’aneddoto riferito dal presidente del Genoa ed ex Como o Preziosi: gli spedirono un quattordicenne per un provino. Per i tecnici era scarso. Il ragazzino era Lionel Messi. Non sempre i grandi sanno usare la testa e il cuore.