la Repubblica, 25 luglio 2016
La Russia va alle Olimpiadi: l’atletica paga per tutti
Paga solo l’atletica russa. Sanzionata ed esclusa da Rio. Paga perché le sue responsabilità sono accertate. Il suo non è un doping collaterale. Perché il Tas ha confermato la legittimità della sua condanna. Il suo sistema antidoping era fasullo, gli atleti potevano concordare date e giorno del controllo, e venivano sempre avvisati. Dov’è la legalità quando la polizia annuncia ai ladri il proprio arrivo? Paga Elena Isinbaeva, zarina dell’asta, mai trovata positiva, e Anna Chicherova, regina dell’alto e oro a Londra 2012, trovata invece positiva a Pechino 2008 (bronzo). Pagano perché appartengono al solo sport tra i 28 olimpici la cui federazione internazionale (Iaaf) ha indagato con una commissione d’inchiesta, che è stata molto sabotata in Russia. Molti documenti sono improvvisamente scomparsi, molti dottori dell’antidoping sono stati fatti girare a vuoto nel territorio sterminato, molti criteri fissati sono stati disattesi, anche a livello giovanile la situazione doping era drammatica. Era marcia l’atletica e puzzava di stantio la marcia. Gli allenatori, già squalificati, continuavano a fare il loro lavoro bastardo un po’ più in ombra, a 600 chilometri da Mosca.L’atletica russa paga un atteggiamento arrogante e fatti accertati, rapporto McLaren a parte. Anche perché la gola profonda, Grigory Rodchenkov, ex capo del laboratorio antidoping russo dal 2005, fuggito in America, ha rivelato come irrobustiva lo sport del suo paese. Lui era il chimico che s’inventava barman: «Il mio cocktail era a base di tre steroidi: metenolone, trenbolone e oxandrolone. Gli atleti sono come bambini, non protestavano e mandavano giù». Sarà mica un caso che la Russia nel 2014 è stato il paese che ha avuti più dopati al mondo. E sarà mica un caso che il canadese Dick Pound, ex capo dell’agenzia mondiale antidoping (la Wada) e membro più anziano del Cio, ha parlato ironicamente di retorica sull’idea che esistano atleti puliti russi. «Perché ce n’è qualcuno?». Pound non ha gradito nemmeno che il bando non sia stato esteso a tutta la Russia: «Sono sorpreso che il Cio non faccia fino in fondo il suo lavoro. Allora cosa ci stiamo a fare?».La sorpresa è che paga anche l’atleta russa che ha fatto la soffiata e che ora, costretta ad emigrare, vive sotto protezione negli Usa. L’esecutivo del Cio non ha dato il pass olimpico all’ottocentista Yulia Stepanova, ex dopata, che con la sua testimonianza ha contribuito a portare alla luce il sistematico ricorso a pratiche illecite e che aveva chiesto di gareggiare a Rio come atleta neutrale. Il comitato etico del Cio ha detto no. «Non è morale, è un’ex dopata». Ah certo, la ringraziano per il suo contributo fondamentale e la sosterranno. Ma un’altra volta. Perché chi accusa e denuncia la Russia è meglio che non sfili a Rio. Putin non avrebbe sopportato. Così il Cio le dà un bel calcio. Etico, sia chiaro.