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 2016  luglio 25 Lunedì calendario

Manganelli, l’editor estroso e feroce

Di Giorgio Manganelli (Milano 1922 – Roma 1990), detto il Manga, Italo Calvino, che ne era un grande ammiratore, già molti anni or sono scriveva che la sua fama, la sua fortuna, erano di gran lunga inferiori ai meriti da lui conseguiti nel corso della sua non lunga carriera: «Potrei cominciare col dire che Manganelli è il più italiano degli scrittori e nello stesso tempo il più isolato nella letteratura italiana» (1985). Non mi sembra che negli anni che sono seguiti, e fino ad oggi, la situazione sia molto cambiata, nonostante l’indefessa e sempre accuratissima edizione o riedizione dei suoi testi ad opera dell’editore Adelphi. Anzi: si è forse aggravata, in ragione del distacco crescente che si è verificato, e sempre più si va verificando, in Italia, ma in fondo anche altrove, nei confronti di quel periodare sovranamente colto ed eccezionalmente inventivo, nel quale Manganelli, per l’appunto, è stato maestro.
Descrivere questa perpetua innovazione linguistica e stilistica in termini freddamente critici non è semplice. A me accade nei suoi confronti quel che mi accade spesso anche nei confronti di Carlo Emilio Gadda. La relazione fra i due secondo me, almeno sul piano dell’approccio esistenziale, potrebbe anche più esattamente essere definita: in fondo, si tratta di due grandi scrittori milanesi, che vengono irresistibilmente attratti nell’orbita romana; il loro rapporto con la lingua, – e cioè, in sostanza, con l’italiano letterario, – sempre molteplice e complicato, cioè non è in sé e per sé, «naturale»; senza contare i molti apporti stranieri che in ambedue i casi intervengono a modellare la ricerca. E cioè, per concludere: nell’uno come nell’altro caso mi sembra sempre più efficace una citazione che una sia pure accurata e diligente ricostruzione critica.
Vediamo dunque, risalendo alle sue più lontane origini: e cioè, per sbagliare il meno possibile, fino al periodare iniziale di Hilarotragoedia (1964), l’opera prima dell’allora non più giovane scrittore (aveva quarantadue anni), nella quale c’è già, a mio avviso, almeno uno spunto per ognuno dei suoi libri successivi. Scrive Manganelli: «Se ogni discorso muove da un presupposto, un postulato indimostrabile e indimostrando, in quello chiuso come embrione in tuorlo e tuorlo in ovo, sia, di quel che ora s’inaugura, prenatale assioma il seguente: CHE L’UOMO HA NATURA DISCENDITIVA. Intendo e chioso l’omo è agito da forza non umana, da voglia, o amore, o occulta intenzione, che si inlàtebra in muscolo e nerbo, che egli non sceglie, né intende: che egli disama e disvuole, che gli instà, lo adopera, invade e governa; la quale abbia nome potestà o volontà discenditiva».
Dunque, secondo Manganelli, la forza, più o meno oscura, ma che lo scrittore lavora a far emergere e chiarire, la quale regola le azioni tutte dell’uomo, è questa insopprimibile «natura discenditiva». L’uomo singolo, s’intende. Ma la storia? E come potrebbe la storia non essere contraddistinta dalla medesima natura e forza, se tutti gli uomini che l’agiscono ne sono contraddistinti? Sicchè, in sostanza, tutto cala inesorabilmente verso il basso: «Sii fedele alla tua discesa, homo. Amico». E la letteratura? La letteratura, secondo Manganelli, si colloca nel precario e mobile interstizio, che tende sempre più a chiudersi, fra la conservazione del passato e dell’uomo e la loro inevitabile, sempre mobile anch’essa, dissoluzione. Lo dice ancora, con la sua solita cartesiana chiarezza, Italo Calvino: «Proseguendo nelle mie approssimazioni… dirò che nessuno rappresenta più di lui nello stesso tempo la tradizione e l’avanguardia…».
A completare definitivamente, direi, il quadro della figura e dell’opera di Manganelli arriva oggi un libro dal titolo chiaramente emblematico: Estrosità rigorose di un consulente editoriale, sempre Adelphi, ovviamente, frutto del lavoro di un curatore eccezionale come Salvatore Silvano Nigro. Raccoglie e sapientemente ordina i materiali relativi alla collaborazione di Manganelli come consulente di alcuni fra i più significativi editori italiani: Feltrinelli, Garzanti, molto a lungo Einaudi, Mondadori, anni ’60- ’80. Il libro è una miniera di sollecitazioni, trouvailles, osservazioni ingegnose, amenità, giudizi stroncatori e feroci. Si direbbe che nel valutare la letteratura degli altri Manganelli si collochi nella stessa posizione da cui guarda il mondo nell’elaborare la propria: la ricerca di una qualità estrema e al tempo stesso la predilezione avventurosa per il nuovo e l’inverosimile. Per intenderlo e apprezzarlo a fondo, si può solo consigliare di leggerlo.