La Stampa, 25 luglio 2016
Requiem per il campionato
Requiem per un campionato? Un mese prima che cominci? Messa così può sembrare brutale: ci sarà pur sempre la lotta per la zona Champions, per l’Europa League, la battaglia per salvarsi. Ma se parliamo di scudetto, quello non può che vincerlo la Juventus. E se per pura ipotesi di scuola lo dovesse fallire, sarebbe la sorpresa più clamorosa della storia del nostro calcio di club.
Superiore persino a quella della stagione 1982-83, l’unica con cui si possa azzardare un parallelo. Quell’anno la Juve schierò ai nastri di partenza sei campioni del mondo di fresco conio: Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea, Tardelli e Paolo Rossi. Con l’aggiunta di Zibi Boniek, da un’idea di Boniperti, e di Michel Platini, da un colpo di genio dell’Avvocato. E il resto mancia sino ad un certo punto perché Furino e Bonini si alternavano a correre e a coprire, Marocchino e un declinante Bettega si giocavano un posto davanti, e Brio randellava per tutti. La tripletta bianconera, visto che arrivava da due titoli consecutivi, dai rari bookmakers del tempo non era praticamente quotata: invece vinse la Roma e lo squadrone del Trap si dovette contentare della Coppa Italia dopo aver perso ad Atene la finale di Coppa Campioni.
Accadde per un paio di ragioni. La prima è che i due stranieri tardarono a inserirsi, vuoi per la loro atipicità, vuoi perché neo-campioni del mondo erano gli altri e perlomeno nei primi tempi tendevano a rimarcarlo. La seconda è che, sempre nei sei campioni de mondo, c’era un’ involontaria quanto inevitabile sindrome da appagamento. Adesso, 34 anni più tardi, i senatori anziché appagati sono più affamati che mai, in quanto reduci da un Europeo in cui molto si sono spesi e poco hanno raccolto. Mentre l’inserimento del campione non sembra davvero poter essere un problema, perché uno come Higuain è la tipicità fatta centravanti: sul piede o nello spazio, l’importante è solo dargli la palla.
E allora? Allora requiem. Perché quand’anche si creasse qualche sana rivalità, Dybala-Pjaca per dirne una, penserà Allegri a non farla sfociare in gelosia: qualche cresta in queste due stagioni ha già dimostrato di saperla abbassare. L’unica, lontana incognita è che una squadra abituata a vincere adesso sia chiamata psicologicamente a stravincere. Ma siamo ai sofismi, con cui non si va lontano. A differenza che con gli squadroni.