Corriere della Sera, 23 luglio 2016
Il giro del mondo in 11 giorni
San Nicola non dice mai no. Una sua icona è arrivata nel 1992 in cima all’Everest, nello zaino del più ascetico degli ascensionisti che abbiano mai dato l’assalto al picco dell’Himalaya: Fedor Konyukhov, il primo prete della Chiesa russa ortodossa a guidare una spedizione di alpinisti fino ai mitici 8.848 metri, oltre i quali c’è soltanto il cielo. San Nicola ha accondisceso a varie altre avventure del suo temerario apostolo: dal Polo Nord al Polo Sud, attorno a Capo Horn e attraverso l’Atlantico su una barca a remi, per citarne alcune. Ma è naturale che un sacerdote voglia spingersi più su, sempre più su. E, possibilmente, abbracciare simbolicamente la Terra intera.
Tredici giorni, otto ore e 33 minuti era il tempo da battere. Più che un record, il risultato della prima e unica circumnavigazione del pianeta in solitario con un pallone aerostatico, e senza scalo. Dal 2002, titolare dell’impresa era il miliardario statunitense Steve Fosset, scomparso cinque anni dopo nello schianto del suo aereo su un altopiano della Sierra Nevada, al confine con la California.
Il 12 luglio scorso, alle 7 del mattino, è decollato lo sfidante. Stessa rotta, stessa distanza, suppergiù 33 mila chilometri, stesso mezzo di trasporto, una mongolfiera di Rozière (un ibrido tra un pallone a gas e una mongolfiera ad aria riscaldata), stessi prevedibili problemi in quota con il ghiaccio del suo predecessore: ma forse con la complicità di Eolo, e il vento in poppa, se esiste la poppa di un pallone, Konyukhov, il maturo e intrepido prete ortodosso, riuscirà davvero in queste ore ad abbassare di un paio di giorni il tempo necessario per sorvolare la distanza da Northam a Northam, cittadina di seimila abitanti a 50 chilometri da Perth, in Australia occidentale, via Mar di Tasmania, Nuova Zelanda, Oceano Pacifico, Sud America, Oceano Atlantico, Sud Africa e Oceano Indiano.
L’atterraggio è previsto questa mattina, l’ora e il punto precisi sono ancora incerti, ma alle 6 partiranno dal campo di aviazione stampa e staff del centro di monitoraggio per volare incontro alla mongolfiera di Rozière e al suo esausto pilota: in volo non ha potuto schiacciare che pisolini di 45 minuti per un totale di 4 ore ogni 24.
L’attesa è fremente: «Papà spera di toccare terra in uno dei campi di grano qui attorno» ha comunicato Oscar, figlio dell’esploratore volante e capo della squadra di supporto. Cui non sono mancati momenti di suspense durante questi undici giorni. Le prime 48-70 ore di volo sull’Australia hanno richiesto a Konyukhov particolare attenzione per non finire involontariamente sospinto nei corridoi aerei dei trafficati cieli del continente. Ma gli ultimi giorni sembra siano stati i peggiori, stando al resoconto di Oscar: la mongolfiera del padre è stata trascinata dalle correnti verso il Circolo polare antartico, dove le temperature invernali scendono a meno 58 gradi sotto lo zero. Passato il Capo di Buona Speranza, la mongolfiera ha viaggiato a una quota di crociera di 8.500 metri che ha permesso al pilota di risolvere i suoi problemi con il ghiaccio e affrontare le ultime 24 ore circa di navigazione sopra l’Oceano Indiano: una delle più noiose, giacché padre Fedor, che comunica con Oscar via sms, trova molto più interessante sorvolare la Terra, anche se forse ignora ancora buona parte delle tragedie che vi si sono consumate dopo la sua partenza.