La Stampa, 22 luglio 2016
Eternit bis, Schmidheiny è processabile. L’ultimo patron in vita dell’azienda potrebbe rispondere dell’omicidio volontario di 258 persone morte di mesotelioma
Stephan Schmidheiny è processabile per il caso «Eternit Bis» in cui la procura di Torino contesta il reato di omicidio volontario di 258 (almeno per ora) persone morte di mesotelioma, il cancro maligno provocato dall’ amianto.
La Corte Costituzionale, ieri, ha depositato la sentenza in merito all’applicazione del principio «ne bis in idem» all’imprenditore svizzero, ultimo patron in vita della Eternit italiana, fino a quando l’azienda produsse manufatti (tetti e tubi) con amianto. Il quesito posto dal gup di Torino, Federica Bompieri, alla Corte di legittimità, era questo: «Può Schmidheiny essere imputato in un processo Eternit Bis, dopo essere già stato giudicato, con sentenza definitiva, nel precedente Eternit uno, in cui il reato contestato era sì diverso – disastro ambientale doloso -, ma identico l’ambito di condotta?». L’interrogativo era stato sollecitato dai difensori dell’imputato, Astolfo Di Amato e Carlo Alleva. La Corte Costituzionale, a distanza di cinquanta giorni dall’udienza pubblica in cui erano presenti molti casalesi dell’Afeva (Associazione famigliari e vittime amianto), ieri ha dato una risposta. Semplificando i termini giuridici, l’essenza è che Schmidheiny è processabile nell’Eternit Bis sicuramente per quanto riguarda i decessi avvenuti dopo l’Eternit Uno, ma, probabilmente, secondo le prime interpretazioni della sentenza, anche per i morti già nominati nell’altro procedimento.
Per inquadrare la vicenda, nell’Eternit Uno Schmidheiny (inizialmente con il coimputato Louis De Cartier, poi deceduto) era accusato dalla procura di Torino (Raffaele Guariniello, Gianfranco Colace e Sara Panelli) di disastro ambientale doloso, per la diffusione criminosa di fibra d’amianto di cui si conosceva la pericolosità mortale almeno dagli anni ’50-’60. Fu condannato (a 16 anni in primo grado, a 18 in Appello), mentre la Cassazione decretò la prescrizione. All’indomani del colpo di spugna, la procura propose un altro filone di inchiesta con imputazione diversa: l’omicidio doloso. Indicò un elenco di 258 vittime, di cui un centinaio avvenute dopo il primo processo. Tutti morti innocenti – moltissimi non avevano mai lavorato all’Eternit – che, inconsapevoli, hanno respirato la fibra. La diffusione dissennata di amianto fu il frutto della condotta di Schmidheiny che, secondo la difesa, sarebbe la stessa tanto nell’Eternit Uno quanto nel Bis? No, secondo la Corte Costituzionale.
Condividono l’impianto i legali di parte civile Maurizio Riverditi, Sergio Bonetto, Esther Gatti e Laura D’Amico. «Nessun dubbio, in merito all’inesistenza del bis in idem, per le morti successive al primo processo – afferma Riverditi -, ma quelle stesse vittime già nominate in quel contesto non furono valutate allora come singoli casi di morte, perché il precedente procedimento considerava l’esistenza di un disastro ambientale, non la condotta di Schmidheiny rispetto ai singoli decessi, già avvenuti e che, purtroppo, continuano a verificarsi». «Più chiaro di così! Il processo Eternit Bis s’ha da fare eccome!» è il commento dell’Afeva. E il sindaco di Casale, Titti Palazzetti: «La Corte Costituzionale ha riacceso la nostra speranza di giustizia».
Processabile, però, non significa ancora che l’imputato sarà processato: ora dovrà riprendere l’udienza preliminare interrotta e il gup (pare diverso dal precedente) deciderà sul rinvio a giudizio davanti alla Corte d’Assise. «Con possibili pene – azzarda l’avvocato Bonetto – non meno severe di quelle già inflitte e poi prescritte».