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 2016  luglio 22 Venerdì calendario

Alfano, Verdini, Tosi, Quagliariello e Casini: tutti i naufraghi della Lampedusa della politica. Cosa resta di un Centro che un tempo era Grande

Anche in questa legislatura, come in ogni altra, e specialmente al suo spegnersi, è cominciata la disputa sull’isola che non c’è: il Grande Centro, secondo la toponomastica politica. Stavolta privata dell’aggettivo – grande – per apprezzabile senso della misura, ma non meno ambita dai soliti sans papier di cui si riempie il palazzo. L’elenco mette a disagio. C’è il Ncd di Angelino Alfano, c’è Ala di Denis Verdini,c’è Conservatori e riformisti dell’ex forzista Raffaele Fitto, c’è Fare dell’ex leghista Flavio Tosi, c’è Idea del pluri-ex Gaetano Quagliariello, c’è Scelta civica che porta il nome originario per non si sa quale ramo cadetto, dopo scissioni e controscissioni di cui si è smarrita l’evoluzione, e che raccontano la parodia dei calvinisti venuti a portare l’etica nella casta. C’è l’Udc di Pierferdinando Casini ma senza Pierferdinando Casini, per cui c’è anche Pierferdinando Casini da solo e associato a Marcello Pera (ex presidente del Senato) ma soltanto a sostegno delle riforme costituzionali. C’è Gal, centesimo acronimo della diaspora del nulla e c’è il Centro democratico di Lorenzo Dellai. A compulsare il Misto ci sono Moderati e Repubblicani e Socialisti, tutti sbarcati per disperazione su quella Lampedusa della politica che è il centro.
Si continua ad approdare lì, con la vecchia e utopistica speranza che sia una terra promessa. Di solito i costituenti del Grande Centro si riunivano a Todi, come per sceneggiare l’intimo rifiuto delle vanità mondane, comprese quelle intellettualistiche. L’ultima volta è stato nel 2012, tutti a Todi con le sigle del volontariato, con le associazioni del lavoro, coi sindacati, e ci si ripensò l’anno dopo con l’immancabile Casini, mezzo mondo a guardare, da Mario Monti a Sant’Egidio, da Corrado Passera a Italia Futura, e c’era già pronto il nome: Partito della Nazione, guarda un po’. C’era Rocco Buttiglione che già pensava al Grande Centro nel 1994, all’alba della Prima repubblica, su malinteso suggerimento di Karol Wojtyla. L’incomprensibile è che da quando è morta la Democrazia cristiana, cioè il Grande Centro che comandava, tutti sognano di riprendersi quella striscia arida, quella specie di sacrario eretto dal bipolarismo. Monti nel 2005 anticipava l’impegno in politica «né con un centrodestra come quello che abbiamo visto all’opera né con un centrosinistra come quello che possiamo immaginare all’opera», e dunque «con un Centro, se esistesse». Si rintracciano i questuanti più imprevedibili, Antonio Di Pietro che nel 1997 si era offerto «come garzone del nuovo Grande centro». Si sono tentati esperimenti bizzarri perduti nelle nebbie della cronaca, la Democrazia europea di Giulio Andreotti e Sergio D’Antoni, l’allucinogeno Elefantino di Mario Segni e Gianfranco Fini, e quest’ultimo ci avrebbe desolatamente riprovato proprio con Monti nel 2013. 
Francesco Cossiga, Paolo Cirino Pomicino, Lamberto Dini, Roberto Formigoni, Clemente Mastella, Giuseppe Fioroni, Gianfranco Rotondi sono i primi nomi di un’infinita moltitudine che ha pregustato il Terzo Polo e poi il Terzo Polo è arrivato, si chiama Movimento cinque stelle, ma con nessuna rivendicazione territoriale classica e logora; e quanto era ovvio, visto oggi, che il bipolarismo cedesse non per nostalgia ma per una visione, o una chimera. E il Centro, non più grande, neanche nei desideri, rimane l’isola che non c’è, poco più di uno scoglio a cui si aggrappano i naufraghi inventariati sopra, a cui è rimasta giusto l’ambizione, se cambiasse la legge elettorale, di agganciarsi al centro-destra o al centro-sinistra nel ruolo del trattino.