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 2016  luglio 21 Giovedì calendario

Chi è Mike Pence, candidato alla vicepresidenza con Trump

L’hanno chiamato il “Rush Limbaugh senza caffeina” per i trascorsi da personalità radiofonica. Una vocazione. Limbaugh è il capostipite indiscusso dei talk show militanti della destra – che Mike Pence ha coltivato in parallelo a quella per la politica. Ma la definizione è azzeccata anche quando in gioco ci sono le elezioni, per il vicepresidente scelto da Donald Trump. Il quale, tra delegati repubblicani finora infiammati anzitutto dal grido arrabbiato di “sbattetela in galera” contro l’avversaria democratica Hillary Clinton, si è ieri sforzato di introdurre note di ottimismo tenendo per primo a battesimo il ticket per la Casa Bianca.
Pence, 57 anni, è stata una rara scelta prudente per Trump: è ben visto dall’establishment del partito e ha solidi consensi nelle correnti dei Tea party e religiose scettiche sulla fede del candidato. Bilancia inoltre la personalità straripante del magnate immobiliare: è considerato un conservatore fidato e tranquillo. La sua presenza nel ticket comporta però a sua volta forti rischi per i repubblicani quando dall’arena del Quicken Loans si passa a quella all’opinione pubblica nazionale. In parte proprio per la sua biografia politica: se non alza la voce, le sue parole sono spesso molto pesanti. Quale governatore dell’Indiana ha promosso legislazioni anti-aborto e anti-gay tanto estreme da essere criticate da numerosi repubblicani. E la sua popolarità è scesa con l’aumentare delle controversie: oggi una sua rielezione verrebbe data a non più del 50% di probabilità.
Alcuni suoi peccati originali potrebbero tuttora costare cari: Pence cominciò in realtà la sua ascesa con due tentativi falliti di entrare alla Camera nel 1988 e nel 1990, il primo all’ombra di fondi elettorali stornati per spese personali quali il mutuo e il secondo di una campagna troppo negativa. Pence da allora si è pentito, si è dato alla radio ed è stato poi eletto deputato nel 2000 servendo per dodici anni consecutivi prima di correre per la poltrona di governatore ed ereditare la popolarità del predecessore Mitch Daniels. Il vizio ultrà non gli è però passato: in soli due anni ha alienato gli appoggi iniziali con una svolta da progetti economici ai programmi sociali capace di scatenare boicottaggi da parte di grandi aziende vicine al partito quali Angie’s List, prima di essere costretto ad ammorbidire il suo Religious Freedom Restoration Act.
Pence dopo ieri sera dovrà prepararsi alla prossima grande prova della carriera, questa volta senza appello: la battaglia dei vicepresidenti, che ormai si profila all’orizzonte. Clinton dovrebbe annunciare la sua scelta sabato in Florida e in pole position sarebbero il senatore ed ex governatore della Virginia Tim Kaine e il Segretario all’Agricoltura Tom Vilsack, già governatore dell’Iowa. Criterio cruciale, per i democratici come per i repubblicani, appare la prudenza: gli aspiranti, sui quali Hillary ha chiesto consiglio a Barack Obama, si distinguono per “esperienza” e se possibile credenziali di sicurezza nazionale vista l’enfasi di Trump su “legge e ordine”. Kaine, in particolare, è nella Commissione Esteri del Senato. Non guasta che entrambi abbiano radici in stati incerti per l’esito delle urne di novembre. Altri nomi in lizza, a dimostrazione della delicatezza della decisione, vanno dalla bestia nera dell’alta finanza Elizabeth Warren, senatore del Massachusetts, fino al generale in pensione James Stavridis, ex comandante in capo della Nato; dal Segretario all’Edilizia Julian Castro al governatore del Colorado John Hickenlooper,; dal senatore afroamericano Corey Booker del New Jersey al Segretario al Lavoro Thomas Perez.