La Stampa, 21 luglio 2016
E poi ci sono i figli di Donald Trump
Stavolta sono i figli di papà a raccomandare il padre, per presentarlo all’America sotto una luce privata mai vista. Un uomo d’affari aggressivo, perché gli Usa hanno bisogno di decisione per ripartire, ma anche un padre amorevole, attento e comprensivo, che gli elettori devono scoprire per fidarsi di lui.
Donald, Ivanka ed Eric, i tre figli che Trump ha avuto con la prima moglie Ivana, sono parte integrale della campagna. Tiffany, nata dalla seconda moglie Marla Maples e cresciuta in California, ha fatto il suo esordio politico martedì sera alla Convention di Cleveland. Solo Barron, avuto da Melania, è rimasto nell’iconografia fotografica, perché ha appena 9 anni. «Noi – ha detto Donald sorprendendo Cleveland martedì sera – siamo gli unici figli di un miliardario che si trovano a loro agio operando una gru, come guidando la propria auto». Un po’ pacchiano, se volete, ma il messaggio era chiaro: nonostante i soldi, non apparteniamo all’aristocrazia americana che nostro padre vuole abbattere, perché lui ha costruito il suo successo nei cantieri, e noi lo abbiamo seguito. Questa è la verità fino a un certo punto. Tutti i figli di Trump hanno frequentato esclusive e costose scuole private di New York, laureandosi tra la prestigiosa Wharton School in economia, Georgetown e la Pennsylvania University dell’Ivy League. Donald junior da ragazzino aveva l’abitudine di fare lo sbruffone, tipo «tu non sai chi sono io», ma racconta di essersi redento grazie alla caccia: «Mentre i miei coetanei si cacciavano nei guai, io andavo a dormire presto perché la mattina dovevo alzarmi all’alba per cercare i daini».
A 13 anni aveva cominciato a lavorare per il padre, facendo il commesso in un suo palazzo, e a 28 anni era già sposato con l’ex modella Vanessa, da cui ha avuto cinque figli. Ivanka, la seconda, è la più glamour. Elementari e medie alla Chapin School, quella frequentata da Jacqueline Kennedy, laurea a Wharton, e poi una carriera da modella con sfilate per Versace e altri grandi marchi. In breve però ha scoperto la passione per il business e si è sposata col costruttore Jared Kushner, convertendosi all’ebraismo ortodosso per farlo contento: «Il sabato – dice adesso felice – non facciamo neppure telefonate, stiamo solo fra di noi». Tre figli, l’ultimo nato durante le primarie, Ivanka è considerata la vera erede del padre, al punto che lui è arrivato a dire che «avrei provato ad uscire con lei, se non fosse mia figlia».
Il terzogenito, Eric, era il più timido, ma proprio Ivanka gli ha fatto da madre dopo la separazione dei genitori, rendendolo più sicuro di sé e appassionandolo al business del padre. Ora tutti e tre sono responsabili delle nuove iniziative, le acquisizioni, lo sviluppo dei campi da golf, le linee di prodotti accessori, dove Ivanka crea i suoi gioielli e profumi. Tiffany era la figlia più lontana, che Marla sosteneva di aver «cresciuto da ragazza madre» in California, ma anche lei è salita sul palco di Cleveland per raccontare come Donald leggeva tutte le sue pagelle e annotava sopra parole di incoraggiamento: «L’abilità di mio padre è aiutare tutti a tirare fuori il proprio meglio».Lo scopo di questa saga famigliare è mostrare un volto sconosciuto di Trump, quello più privato e meno aggressivo, e cambiare la sua immagine costruita negli anni dai tabloid. È vero che ha avuto tre mogli e infinite storie, però i suoi figli lo adorano «e i sentimenti – come ha detto ieri a Cleveland Eric – non si possono falsificare».
Il discorso di Melania non ha funzionato come doveva, perché ieri la sua assistente Meredith McIver ha ammesso di averlo scritto scopiazzando frasi di Michelle Obama, che la moglie di Trump le aveva suggerito. Con i figli però la campagna è stata più attenta: anche Donald ha copiato una frase di Frank Buckley, ma Buckley era l’autore del suo testo e quindi si tratta di autocitazione. E stasera ci sarà l’apoteosi, col discorso di Ivanka. Figli di papà chiamati a smentire di esserlo, per cambiare l’immagine del padre.