Corriere della Sera, 21 luglio 2016
Sul salvataggio di Krjuckov, golpista sovietico
Leggere il suo ritratto di Jurij Andropov. ha acceso in me la curiosità di sapere qualcosa di più
sulla figura di Vladimir Krjuckov, che – se non erro – fu l’ultimo successore di Andropov alla presidenza del Kgb. Ricordo che Krjuckov fu tra i congiurati
del golpe «conservatore» dell’agosto 1991, ma mi piacerebbe leggere una sua descrizione del personaggio.
Vittore Brunazzo
vibrunaz@tin.it
Caro Brunazzo,
Al momento della morte, il 25 novembre 2007, Krjuckov aveva 83 anni ed era politicamente disoccupato da quasi due decenni. Ma vi fu un periodo, quando dirigeva il Kgb, in cui avrebbe potuto avere un ruolo nazionale. Il palazzo della Lubjanka, dove hanno sede i servizi segreti, era stato la sua casa, probabilmente, sin dagli anni in cui aveva fatto parte, almeno formalmente, del corpo diplomatico sovietico. In quella veste fu a Budapest nel 1956 quando l’ambasciatore sovietico era Jurij Andropov e gli ungheresi scendevano nelle piazze della capitale per manifestare contro il regime comunista. In una organizzazione che ha sempre avuto uno straordinario spirito di corpo il rapporto con Andropov giovò alla sua carriera. Non appena la presidenza del Kgb, alla metà degli anni Ottanta, divenne vacante, Krjuckov andò a sedere sulla poltrona che era stata per molti anni del suo tutore e padrino. Michail Gorbaciov, segretario generale del partito dall’aprile del 1985, era stato amico di Andropov e dovette sperare che Krjuckov avrebbe accompagnato lealmente la sua politica riformatrice.
Gorbaciov si sbagliava. A mano a mano che la perestrojka creava più problemi di quanti riuscisse a risolverne, il capo del Kgb lasciava trapelare riserve e timori. La frattura avvenne il 12 dicembre 1990 quando Krjuckov apparve alla televisione per dichiarare che le riforme avevano provocato la nascita di «alcune correnti radicali sostenute materialmente e ideologicamente da servizi segreti stranieri». In altre parole, secondo il parere della maggiore autorità sovietica in materia di sicurezza, il segretario generale del partito stava aprendo le porte del Paese alle infiltrazioni della Cia. Non sorprende quindi che otto mesi dopo, nell’agosto del 1991, Krjuckov appartenesse, con altri sette esponenti del regime, al «Comitato per lo stato d’emergenza» che cercò di esautorare Gorbaciov dichiarandolo «incapace, per ragioni di salute, di mantenere le proprie funzioni». Sappiamo che il colpo di Stato fallì grazie al coraggio di Boris Eltsin, allora presidente della Repubblica russa. Ma sappiamo altresì che la presidenza di Gorbaciov aveva ormai i mesi contati.
Con gli altri membri del Comitato Krjuckov fu arrestato e processato per alto tradimento. Il processo durò sino al 1994 e fu interrotto quando il parlamento approvò una legge che amnistiava i congiurati. Da allora, e soprattutto dopo l’arrivo di Putin al potere, Krjuckov ha goduto di una tacita riabilitazione ed è stato spesso invitato ad alcuni eventi organizzato dal Cremlino. Negli ultimi quindici anni la Russia è molto cambiata, ma lo spirito di corpo del Kgb sopravvive tenacemente a qualsiasi mutamento.