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 2016  luglio 21 Giovedì calendario

Pokémon Go al Colosseo

Io di Pokémon Go non ne sapevo niente. Ho chiesto lumi a Romoletto. E lui mi ha convocato al Colosseo perché da quelle parti sembra che i mostriciattoli siano di casa. Mew vola sicuro tra le vette delle colonne imperiali. Togepi, chiuso nel guscio, si crogiola sotto i lastroni infuocati dal sole. Charizard, drago dalle grandi ali e la coda fiammeggiante, regna sovrano tra le rovine. Quando ho rivisto il mio ex studente dell’istituto professionale, avrei voluto comunicargli l’emozione per averlo ritrovato, sono trascorsi un paio d’anni dall’ultima volta che ci incontrammo, ma il ragazzo, al quale dedicai uno speciale elogio, quello del ripetente, come al solito non mi stava a sentire. Era troppo preso dalla nuova applicazione che si era appena scaricato.
A stento l’ho seguito in mezzo alla folla dei turisti accalcati davanti alle vecchie arcate, là dove generazioni di scrittori hanno riflettuto sulla vanità dell’umana cupidigia, nel miscuglio ai miei occhi davvero bizzarro fra lo splendore del cielo azzurro elettrico trionfante sulle pietre appena restaurate e l’orrore dei corpi sudati in fila lungo le transenne verso la biglietteria.
«Dove scappi, Romolé? E chi sono quei tre pischelli che ti vengono dietro?». L’eterno garzoncello scherzoso, ancora indisciplinato e ribelle, esattamente come lo ricordavo, me l’aveva anticipato, ma io non volevo crederci. «A professò, abbiamo fatto una squadra». Eccoli lì, rapidi come segugi, vitali e attivi, con un’intraprendenza e una concentrazione che molti di noi sarebbero spinti a considerare degne di miglior causa, impegnati a intrufolarsi, cellulare alla mano, nel groviglio dei fotografi, dei venditori ambulanti, dei poliziotti, delle carovane organizzate. Non per tracciare chissà quali percorsi conoscitivi, solo allo scopo di catturare quanti più animaletti possibile e diventare allenatori esperti.
Da venerdì scorso il Pokémon Go è arrivato anche in Italia. È la cosiddetta «realtà aumentata»: il sistema Gps individua la posizione dell’utente che subito, occhi fissi sullo schermo, può entrare in azione. Hai presente il Game boy? Acqua passata. Così come i cartoni animati. E le semplici figurine da collezionare sull’album. Adesso i mostriciattoli spuntano nei pressi dell’Arco di Costantino, nello strapiombo dei secoli, vicino ai cantieri della nuova linea metropolitana. È come se ti dicessero: vieni qui, prendimi. Lo riconosci? È Venusaur, quadrupede verdastro con la bocca spalancata. Te lo saresti aspettato, placido nella sua positura ancestrale, con gli artigli ben piantati a terra, lungo la salita della via Sacra? Inseguilo, non fartelo scappare.
E laggiù, vicino alla stazione degli autobus, quella specie di bambolotto allegro e scanzonato che si batte il petto in segno di successo, quasi volesse prenderti in giro, non è addirittura Pikachu, il piccolo roditore dal quale tutto cominciò? Allora non ti resta che aggiustare la mira sul touch screen del tuo smartphone per lanciargli una Poké Ball e catturarlo. Portalo in palestra, poi riprendi la caccia. È tutto gratis.
Romoletto avanza nella calca, esaltato come non lo avevo mai visto a scuola. Fra una presa e l’altra, urla qualcosa verso la mia direzione: polvere di stelle, caramelle, moduli esca, livelli raggiunti o mancati. I suoi compagni improvvisati non mi guardano neppure. Sono troppo infervorati nella ricerca. Ed altri gruppi di giovani e meno giovani, testa china sugli scenari virtuali, sembrano animarsi accanto a loro. La musichetta che accompagna l’applicazione ricorda la colonna sonora del film Il gladiatore. Un conto è ascoltarla fra i grattacieli di Central Park. Un altro sentirla qui, nel cuore del mondo antico. «Ma nun era mejo annà a funghi ?» si chiede perplesso il centurione romano prima di farsi fotografare a fianco della coppia di sposi.
Pe nso al sonno dei guerrieri, là dietro gli speroni dei laterizi: loro si battevano all’ultimo sangue, non come queste creature fantastiche che, nel momento in cui vengono sconfitte, perdono conoscenza e diventano inutilizzabili. È la filosofia Nintendo, l’azienda giapponese che gestisce il gioco. Te lo immagini Bulbasaur, sempre un po’ assonnato, col seme piantato sulla schiena, entrare in una vera contesa? Se Squirtle, tartaruga a busto eretto, venisse presa sul serio, forse se la darebbe a gambe. In fondo assomigliano tutti a Magikarp, pesciolino incoronato, pronto a galleggiare sospeso nell’aria immota dei Fori Imperiali. Perfino i Pokémon cattivi, riuniti nei team malvagi, criminali caratterizzati da sguardi torvi e pose truculente, alla lunga rappresentano soltanto una cricca di simpatici bracconieri.
Finora questa schiera di personaggi multiformi era stata confinata negli schermi grandi e piccoli dei videogiochi. Influenzava, lo sappiamo, i processi cognitivi dei bambini e degli adolescenti. Ad esempio addestrava ai passaggi immediati fra un contesto e l’altro, rendendoli in certi casi velocissimi, quasi impercettibili. Tu come docente, se eri curioso, potevi apprezzare la qualità intuitiva dei tuoi scolari, sebbene restassi talvolta colpito dalla scarsa predisposizione che alcuni di loro, posti di fronte a un testo da leggere e interpretare, in compenso dimostravano per la dimensione deduttiva del ragionamento logico.
Adesso il meccanismo è più sofisticato perché Romoletto, guidato dal sentiero digitale, cammina fra la gente alla ricerca dei prigionieri: i Pokémon, fantasmatici e sbarazzini, lo trascinano verso i bianchi pilastri in travertino, là dove un tempo gli uomini combattevano contro gli animali feroci e spesso morivano fra le loro grinfie, nei medesimi spazi dei martiri, che preferivano abbandonare questa vita pur di non abiurare alla loro fede.
Vai ragazzo, vai, corri dentro il pulviscolo luminoso della Storia: non si divertiva una volta, così come stai facendo tu ora, anche il popolo di Roma, drogato dalle emozioni forti, in qualche modo raggirato dai suoi stessi governanti interessati solo a compiacerlo?