Corriere della Sera, 21 luglio 2016
Le mazzette nello spumante, Ricucci style
Interventi al Consiglio di Stato per «aggiustare» i processi. È il nuovo e clamoroso filone di indagine avviato dai magistrati romani dopo la perquisizione effettuata a casa di Renato Mazzocchi, il funzionario di Palazzo Chigi indagato per riciclaggio perché nascondeva in casa oltre 230 mila euro in contanti, bustarelle e fascicoli giudiziari. In particolare, alcune decisioni che riguardano Silvio Berlusconi.
Gli accertamenti disposti dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal sostituto Stefano Fava – titolari dell’inchiesta sul gruppo di faccendieri guidati da Raffaele Pizza che avrebbe truccato appalti e orientato nomine e assunzioni in enti pubblici – si concentrano sulle sentenze emesse negli ultimi due anni. E si intrecciano con quelli che hanno portato in carcere Stefano Ricucci. Anello di congiunzione sembra essere il giudice Nicola Russo, indagato e perquisito dalla Guardia di Finanza proprio perché sospettato di aver ottenuto soldi e favori, compreso il pagamento di notti in albergo con una donna, per «pilotare» l’esito dei provvedimenti. Ma i controlli riguardano adesso tutti i giudici componenti dei collegi.
Le «bustarelle» nelle scatole di spumante
Il 4 luglio scorso – quando vengono arrestati Pizza, il suo presunto complice Alberto Orsini e numerosi imprenditori, mentre viene indagato il parlamentare di Ncd Antonio Marotta – gli investigatori del Nucleo Valutario coordinati dal generale Giuseppe Bottillo perquisiscono l’appartamento di Mazzocchi. Si tratta del capo della segreteria dell’allora ministro per l’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, funzionario del governo per la ricostruzione in Abruzzo. Le intercettazioni telefoniche e ambientali dimostrano che l’uomo è molto legato a Marotta, dunque si cercano eventuali elementi utili all’indagine. E la sorpresa non manca.
Come viene specificato nel decreto di sequestro «all’interno di una confezione di vino “Ferrari”, di una confezione di vino “Cavelleri”, di una scatola recante il logo “Frittyna”, tutte chiuse con nastro adesivo, sono occultati 247.350 euro». Una parte del denaro è già chiuso in alcune buste e tanto basta per avvalorare il sospetto che si tratti di tangenti. Anche perché nell’appartamento c’è molto altro: lettere di raccomandazioni e un pacco di sentenze emesse dal Tar e dal Consiglio di Stato.
I «contenziosi amministrativi» del Cavaliere
I pubblici ministeri chiedono la convalida del sequestro. Il giudice Pina Guglielmi accoglie l’istanza e nel provvedimento elenca i documenti trovati da Mazzocchi. Ma evidenzia anche il sospetto della Procura sui processi «aggiustati», sottolineando proprio il ruolo del funzionario all’interno delle istituzioni. E tanto basta per dare corpo al sospetto sull’esistenza di una «rete» in grado di orientare le scelte di alcuni giudici amministrativi e delle commissioni tributarie.
Scrive la gip: «Circa la somma sequestrata al Mazzocchi, deve osservarsi che depongono nel senso della illecita provenienza l’importo rilevante, le modalità di occultamento, i contenuti della documentazione sequestrata (curriculum vitae di alcune persone, domanda di partecipazione del concorso di tale De Stefano Damiano, ordinanze e sentenze del Tar e del Consiglio di Stato relative a contenziosi nei quali è parte Silvio Berlusconi). Detti elementi, complessivamente valutati, inducono a ritenere che Mazzocchi, grazie al lavoro che svolge (dipendente della Presidenza del Consiglio) sia il referente di persone interessate a concorsi pubblici o a giudizi amministrativi e che abbia ricevuto quel denaro di tali opachi contatti. A ciò si aggiunge che l’unica ragionevole spiegazione al fatto che Mazzocchi abbia scelto di occultare in casa una somma così rilevante, esponendosi in tal modo a tutti i gravi rischi conseguenti, può essere rappresentata solo dalla consapevolezza di non poterne dimostrare di averne acquisito la disponibilità in maniera lecita, a conferma, almeno in termini di fumus, che la somma proviene da un delitto che potrebbe essere il millantato credito o la corruzione».
Il giudice, le donne e i conti per le notti in hotel
Nelle conversazioni di Pizza e di Marotta si parla spesso del Consiglio di Stato. Entrambi mostrano dimestichezza con i giudici. In un colloquio del 9 gennaio 2015 con Davide Tedesco, stretto collaboratore del ministro dell’Interno Angelino Alfano, Pizza dichiara: «Tanto per essere chiari io ho bloccato il sistema elettorale, se non era per me non si votava... perché vedi i miei rapporti, la dimostrazione è questa, io sono riuscito con i miei rapporti... nonostante c’erano il presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio, il ministero degli Interni... con i miei rapporti sono riuscito a bloccare il sistema... il Consiglio di Stato ha dato ragione a me...».
In questo «sistema» emerge il ruolo di Nicola Russo, il giudice accusato di aver favorito Ricucci. Molti indagati ne parlano e le verifiche svolte sul suo conto hanno fatto emergere i regali e i favori ottenuti. Come le due notti presso l’hotel Valadier di Roma «insieme all’amante Zaineb Dridi, dove Ricucci lo ha accompagnato nel marzo scorso e lo ha contattato il giorno successivo». E dove, questo è il sospetto dei magistrati, ha pagato il conto.