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 2016  luglio 21 Giovedì calendario

La Lazio sta per vincere il suo terzo scudetto, con cent’anni di ritardo

Il latinista Lotito è felice: alea (quasi) iacta est. Il 4 agosto il Consiglio Federale del pallone potrebbe infatti dargli uno scudetto vecchio di cent’anni, quello che la Lazio non potè contendere al Genoa per colpa della Grande Guerra. Finì invece, postumo, sulle maglie del glorioso Grifone, ma con una genialata senza tempo Lotito sta per riprendersi quel tricolore fantasma. Sarebbe il primo caso di una palla che viene scagliata verso la porta nel 1915 e finisce in rete nel 2016, una trama che neanche Osvaldo Soriano. Sarà dunque questa la partita più lunga di tutti i tempi? Il campionato di calcio 1914/15, che ancora non si chiamava di Serie A ma di Prima Categoria, sempre in ossequio alla lingua di Cicerone e del presidente laziale potrebbe essere dunque assegnato “ex aequo”. Perché cent’anni fa le baionette e i mortai resero impossibile la finalissima tra Genoa e, appunto, Lazio, prime nei gironi nord e centromeridionale. Come sarebbe andata? Nel 1913 la Lazio ne aveva prese sei dalla Pro Vercelli, e nel 1914 sette dal Casale, ma chiedete ai portoghesi come va a finire a volte la storia degli sfavoriti. Se dal punto di vista sportivo l’ammissibilità del ricorso laziale, certificata da un’apposita commissione di saggi, mostra qualche scricchiolio, in punta di diritto non c’è nulla da dire. E non può essere estraneo il destino dei tredici giocatori laziali poi morti al fronte. Chi ci rimette è semmai la Roma, che si vedrebbe raggiunta a quota 3 titoli dagli odiati cugini, i quali hanno vinto due volte sul campo (nel 1974 con Chinaglia e nel 2000 con Cragnotti) e una, forse, possibilmente, su un prato di carta bollata.
“Quello scudetto è legittimo e ci è stato tolto solo dalla guerra!” ripete Claudio Lotito, dando per scontato quello che scontato un secolo fa non era proprio: e cioè che la corazzata genoana potesse soccombere. Ma si sa com’è fatto Lotito. Non gli par vero di poter passare alla storia per un tricolore in contumacia, per un mezzo scudetto che nessuno oggi potrebbe mai togliere sul serio alle potenze della serie A, anzi a una potenza sola, la Juve, che da cinque anni vince “tituli” come staccare ciliegie dal ramo. E ai più maliziosi, cioè il cento per cento degli osservatori non laziali, non può sfuggire come l’offensiva di Lotito arrivi nel momento in cui è proprio lui uno dei più influenti consiglieri del presidente Tavecchio, di cui fu grande elettore. L’ombra di Lotito, nei primi mesi della presidenza del Banana, è stata quella del ventriloquo che muove il pupazzo, poi si è un poco stemperata ma più nella forma che nella sostanza. C’è sempre Lotito dietro, o forse davanti a Tavecchio, e c’è ancora Lotito nelle tumultuose cronache di questa pazza estate del calcio. Lotito che prima prende e poi perde “el loco” Bielsa, Lotito che agita l’avambraccio nella buvette del Senato e spiega a Repubblica come preparerà “er cetriolo” proprio a Bielsa, Lotito che non voleva il Carpi e il Frosinone e adesso si becca il Crotone. Abilissimo, però, non solo con i bilanci contabili ma anche con tattiche e strategie. Stavolta ha rinunciato a incarnare uno di quei personaggi che sarebbero piaciuti da morire ad Alberto Sordi, e neppure ha provato a vendere la fontana di Trevi in prima persona. Ha invece mandato avanti un avvocato, il quale ha tessuto un’abile trama legale e mediatica che ha portato alla raccolta di 30 mila firme on-line per chiedere e forse ottenere lo scudetto che non c’è. Molto più di quanto hanno combinato il Torino (scudetto ‘27, scandalo Allemandi) e il Bologna, erede del mitico presidente Arpinati, per tacere del povero Conversano che nel ‘44 aveva vinto il Campionato dell’Italia Libera, e dei Vigili del Fuoco di La Spezia che sempre in quell’anno si erano piazzati davanti al Grande Torino nell’altra metà dell’Italia spezzata: nessuno scudetto per nessuno di loro. Forse perché nessuno ha avuto in sorte, nel secolo a venire, un tribuno come Lotito, mutatis mutandis.
I promotori dello scudetto centenario reclamano “ragioni di merito sportivo, storico e socio- culturale”, e la commissione che ha votato l’ammissibilità del ricorso non ci ha trovato trucchi da azzeccagarbugli, ma ottime e ben giustificate motivazioni. Seguirà dibattito sulle radio romane, forse caroselli in strada nella città che da una parte ha un simbolo di 40 anni (Totti) e dall’altra un nuovo, possibile scudetto di cento. Cent’anni di Lotitudine.