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 2016  luglio 21 Giovedì calendario

Chi decide sui vaccini, i medici o i genitori?

A chi spetta decidere se i propri figli debbano o meno essere vaccinati? Ai genitori? Ai medici? Si tratta solo di una scelta individuale o, quando si parla di vaccini, esiste anche una dimensione di responsabilità collettiva? Come accade spesso quando ci si pone questioni etiche, molto dipende dai valori e dai principi sulla base dei quali si costruisce la propria vita. Anche se, almeno su un punto, sembrano tutti concordi: il benessere dei più vulnerabili. È in nome dei bambini e della loro salute che alcuni genitori, negli ultimi anni, hanno preferito non vaccinarli, così come è in nome del loro interesse che si era pronunciato nel 2005 il Comitato nazionale per la bioetica – ricordando come l’aumento di malattie come il morbillo o la meningite fosse legato alla tendenza a rifiutare le vaccinazioni – e si è pronunciata ieri la Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo). Il calo delle vaccinazioni è preoccupante. Così come preoccupanti sembrano “l’irrazionalità diffusa” e “l’individualismo prevalente”, come si legge nel documento della Fnomceo.
Quando si parla di vaccini, d’altronde, non è più solo una questione di scelte individuali, ma anche e soprattutto un problema di responsabilità collettiva e di salute pubblica. E un medico, quando si parla di responsabilità, può difficilmente tirarsi indietro. È lui, in prima persona, ad essere responsabile della salute dei propri pazienti e della collettività nel suo insieme. È lui che dispone delle conoscenze necessarie per informare adeguatamente dei rischi e benefici delle cure o dei farmaci. È lui che, prima ancora di esercitare la professione, giura di tutelare la saluta dei pazienti, di far di tutto per alleviarne le sofferenze, e di evitare che corrano rischi eccessivi legati ai trattamenti prescritti.Primum non nocere, “innanzitutto non nuocere”, recita il giuramento di Ippocrate oggi ripreso dai codici di deontologia medica. Ma cosa vuol dire “innanzitutto non nuocere” quando si sta parlando delle vaccinazioni? A chi non si dovrebbe “nuocere”? Non esiste l’obbligo etico, per ogni medico, di impedire il diffondersi delle epidemie? Che pensare della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che considera il vaccino obbligatorio “un’ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata”?
I genitori hanno senz’altro ragione quando si preoccupano degli eventuali effetti collaterali di un vaccino. Hanno ragione quando chiedono spiegazioni e cercano di capire le eventuali conseguenze della somministrazione o meno delle vaccinazioni, soprattutto dopo alcuni scandali come l’affaire Mediator in Francia. Hanno ragione quando rivendicano la responsabilità nei confronti dei figli. Ma un conto è chiedere spiegazioni, altro conto è non fidarsi mai dei medici. Un conto è il rispetto da parte del medico dell’autonomia individuale, altro conto è assecondare sempre il volere dei pazienti, alimentando paure irrazionali e non assumendosi la responsabilità del proprio ruolo, soprattutto quando non si è in presenza di casi specifici come un deficit immunitario. Tanto più che, come mostra la maggior parte della letteratura scientifica, esiste un rapporto diretto tra l’efficacia dei vaccini e l’impatto sociale, la prevenzione delle epidemie e la salvaguardia della salute collettiva. Ecco perché il Comitato nazionale di bioetica aveva incitato il personale medico a “un’assunzione di responsabilità personale e sociale”, stigmatizzando il diffondersi di “falsità e pregiudizi”.
“Si può curare solo tremando”, aveva scritto negli anni Settanta il medico e filosofo francese Georges Canguilhem per sottolineare la difficoltà che esiste quando, nel “prendersi cura” di un paziente, si cerca di salvaguardarne al tempo stesso la salute, l’autonomia e la privacy. Ma un medico non dovrebbe tremare anche quando, non assumendo fino in fondo le proprie responsabilità, rinuncia alla tutela della salute pubblica alimentando sfiducia e sospetti?