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 2016  luglio 20 Mercoledì calendario

Fila si compra la carta di Picasso, una delle più belle al mondo. Anche gli italiani fanno shopping in Francia

I fogli di carta unici al mondo fabbricati seguendo regole di produzione secolari nella piccola usine di Annonay-Ardeche, nella Francia meridionale, tra il Rodano e le Alpi Marittime; i fogli utilizzati da Picasso, Degas, Chagall, Andy Warhol e amati dai grandi designer e dagli archistar di oggi come Philippe Starck; insomma le symbole des beaux arts, l’icona industriale delle belle arti, un altro pezzo pregiato della tradizione manifatturiera francese, appesantito dai debiti e ormai distante dal core business della nuova proprietà (prodotti scolastici e per ufficio con molte sinergie informatiche) passa di mano. Ma stavolta finisce in buone mani.  Agli italiani della Fila, il gruppo controllato dalla famiglia Candela ma quotato in borsa, leader nelle matite (2 miliardi all’anno), nei pennarelli (mezzo miliardo) nel Pongo, nell’Adidas e in tutti i prodotti (in catalogo ce ne sono più di settemila) che servono a disegnare, scrivere, colorare, giocare, fare i compiti.
La preda francese e il predatore italiano, per usare un’immagine che ricorre sempre in queste vicende di acquisizioni, hanno due storie quasi parallele, destinate prima o poi ad incontrarsi, complice la radicale trasformazione del mercato degli strumenti di scrittura.
La preda francese ha un nome prestigioso, Canson, e produce carta di straordinaria qualità fin dal XVI secolo, papier d’inspiration since 1557, fondata dalla famiglia Montgolfier, sì proprio gli inventori della mongolfiera (costruita con la stessa carta di cotone prodotta nella cartiera di Annonay-Ardeche).
Canson (dal nome del barone Canson che, ai tempi di Napoleone, sposò una delle eredi Mongolfier) ha superato tutte le crisi e tutt’oggi ha un fatturato più che rispettabile, un centinaio di milioni di euro (poco meno della metà della Fila con 19 marchi, società controllate e stabilimenti in tutto il mondo), un portafoglio-prodotti di eccellenza (la sua carta per acquarello è considerata la migliore al mondo così come, cambiando genere, la sua carta per le stampanti a getto d’inchiostro), ma, come si diceva prima, non è più strategica per il nuovo proprietario: il gruppo normanno Hamelin, che fa 500 milioni di fatturato, ha anch’esso stabilimenti in tutto il mondo, ma ha deciso di concentrarsi nella scolastica (con il marchio Oxford) e nei prodotti per ufficio (con il marchio Elba), chiudendo le sue fabbriche europee (tre in Francia, due in Gran Bretagna e una anche in Italia) da tempo fuori mercato per la struttura dei costi non sostenibili, avviando un plan social di dimissioni e licenziamenti e, infine, vendendo tutto quello che si poteva vendere.
L’antica cartiera Canson, con le sue eccellenze, la sua storia ma anche con i suoi 450 dipendenti, era destinata, prima o poi, a uscire dal perimetro della Hamelin. E a entrare nell’orbita della Fila che, da almeno un decennio, quindi ben prima del suo debutto in borsa (che risale appena all’anno scorso grazie a un sofisticato marchingegno finanziario di fusione e incorporazione messo in piedi da due uomini di finanza di grande esperienza come Gianni Mion, il vero family banker dei Benetton, rimasto alla guida dell’azienda come presidente, e l’avvocato d’affari Sergio Erede), non fa altro che crescere per acquisizioni successive soprattutto di aziende che hanno la loro base produttiva nei paesi a basso costo del lavoro, come l’India o il Messico. Quello che non ha fatto o ha fatto molto meno la concorrente Hamelin.
Basta scorrere le date. 1994: acquisizione dell’Adica Pongo; 2005: acquisizione della Dixon Ticonderoga; 2008: acquisizione della Lyra (quella dei pennarelli Lyretta); 2010: acquisizione della Lapiceria Mexicana; 2015: acquisizione della Writefine Products Limited in India (dove c’è quasi la metà dei 6 mila dipendenti della Fila).
E ora, operativa dal 1° ottobre prossimo, quando saranno pagati gli 85 milioni di euro previsti dal contratto, l’acquisizione della pepite francese che, parole di Massimo Candela, amministratore delegato e rappresentante della famiglia nel cda del gruppo dov’è presente anche il secondo azionista, la Palladio finanziaria, si inserisce perfettamente nell’offerta della Fila, dalle matite alla carta, in un mondo che non rinuncerà mai, è ancora Massimo Candela a parlare, agli strumenti di scrittura.
Tant’è che il mercato cresce del 4% e Fila si candida a esserne uno dei player globali più importanti raddoppiando il giro d’affari (da 275 a 500 milioni di euro) e mettendo insieme bassi costi di produzione (come dimostrano le sue fabbriche sparse nel mondo e una sola in Italia, quella storica a Firenze con un centinaio di dipendenti), eccellenze produttive (come la carta francese Canson, appena acquisita e, una quarantina d’anni fa, quella Tratto-Pen, il pennarello a tratto sottile che vinse il Compasso d’Oro nel 1979 e che ora è esposta al Moma di New York) e un posizionamento imbattibile, quello della prima infanzia.
«I nostri grandi consumatori vanno da uno a dieci anni e per questo tipo di consumatori non c’è famiglia che non sia disposta a spendere» spiega sempre Candela tutte le volte che gli chiedono il segreto della multinazionale italiana delle matite, nata negli anni 20 a Firenze per iniziativa degli Antinori e dei Della Gherardesca e poi rilevata, negli anni ’50, dal bisnonno Renato Candela, all’epoca direttore commerciale dell’azienda. Il quale, a differenza dei due aristocratici fiorentini, forse aveva già capito tutto.