Corriere della Sera, 20 luglio 2016
«Vi combatterò finché avrò sangue, vi massacrerò». Il video-testamento del diciassettenne afghano armato di ascia
OCHSENFURT (Baviera) «Un ragazzino dolce che poteva essere nostro figlio». «Vi combatterò finché avrò sangue, vi massacrerò». Ancora una volta non è facile, anzi ora che pure lui è morto sarà forse impossibile, mettere insieme i ritratti di questo ultimo kamikaze, quello che resterà negli archivi come «l’afghano dell’ascia» e nei ricordi di chi lo conosceva come «un bambino o quasi, che salutava sempre». E trovarci coerenza.
Da una parte le descrizioni di chi lo aveva visto appena l’altro ieri: come Simone Barrientos e Leander Sukov, o come il suo vicino Friedaelm Metz, che ora hanno le lacrime agli occhi e dicono «sembra impossibile». Dall’altra il video di due minuti e venti secondi che l’agenzia Amaq attribuisce all’Isis (i servizi tedeschi gli danno credito) e in cui lo stesso ragazzino viene indicato come il «soldato dello Stato islamico Muhammad Riyad che ha compiuto l’attacco di Würtzburg»: un diciassettenne arrivato in Germania un anno fa dall’Afghanistan, da solo, ha vissuto per un anno al centro di accoglienza della Kolping House di Ochsenfurt – questo paesino dove tutti si conoscono e che ha perfino un sobborgo con Heidi nel nome – ed è andato a scuola facendosi benvolere al punto che una famiglia lo aveva appena preso con sé. Finché l’altra sera è salito su un treno di pendolari e turisti con un’ascia e un coltello, si è messo a gridare il solito «Allah akbar», ha colpito a casaccio i primi che gli sono venuti a tiro – è toccato a quattro cinesi di Hong Kong, due sono gravi – quindi è sceso, si è trovato di fronte a una pattuglia di agenti speciali e da loro è stato ammazzato. Il procuratore della Baviera ha detto in una conferenza stampa che a trasformare il bambino in un samurai sarebbe stato un misto di disperazione e sete di vendetta cieca: pare avesse ricevuto la notizia che sabato scorso un suo amico era stato ucciso in Afghanistan.
Ieri la polizia presidiava tutti i luoghi da lui frequentati, che è come dire mezza Ochsenfurt: la Kolpinghaus, le strade adiacenti, la casa della famiglia che lo aveva preso in affido. E non è che non abbia trovato niente. Nella sua stanza è stata trovata una bandiera dell’Isis dipinta a mano. Anche la maglietta che si era messo addosso per fare il «soldato» dell’ascia sul treno e poi farsi ammazzare aveva dipinti gli stessi simboli. E poi ci sono le frasi, invero non di grande originalità, che il giovane Muhammad Riyad pronuncia nel video: «Sono un soldato dello stato islamico e l’Isis vi colpirà ovunque, nei vostri Paesi, nelle città, negli aeroporti». Con tutto questo, però, il più prudente di tutti nel tirare conclusioni era stato proprio il ministro dell’Interno bavarese, Joachim Herrmann, il quale ha parlato della «svolta» del ragazzo come di una «autoradicalizzazione recente» e ha precisato che «al momento non ci sono indizi che fosse in contatto con reti islamiche».
La polemica che è parallelamente montata in Baviera e non solo, in effetti, al di là dell’appartenenza o meno di Mohammad a un esercito, riguarda la dinamica della sua uccisione.
Secondo la ricostruzione del ministro le cose sarebbero andate così: il ragazzo era salito sul treno regionale Ochsenfurt-Würzburg (trenta chilometri scarsi) e quasi all’arrivo è partito all’attacco, le sue grida su Allah si sentono in sottofondo «con chiarezza», secondo il procuratore Erik Ohlenschlager, nella telefonata con cui una passeggera ha chiamato la polizia; poi qualcuno dei circa trenta passeggeri presenti in quel momento sul piccolo convoglio riesce a tirare il freno d’emergenza, il ragazzo scende e si scontra con un comando speciale che per caso stava lì a fare un’operazione antidroga ed era stato dirottato verso i binari; gli sparano, dice il ministro Herrmann, dopo che lui aggredisce una passante per poi scagliarsi contro di loro «in modo molto aggressivo».
Una deputata dei Verdi, la ex ministra Renate Künast, dopo avere espresso costernazione per i feriti, si è chiesta su Twitter perché l’assalitore non sia stato bloccato anziché ucciso. Il sindacato di polizia ha risposto che «quando i poliziotti vengono attaccati in questo modo non possono difendersi con il kung fu».