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 2016  luglio 20 Mercoledì calendario

L’inchiesta sulla ’ndrangheta in Liguria, spiegata bene

Gli ’ndranghetisti di Liguria erano convinti sostenitori, al punto di creare un comitato Sì Tav, dell’alta velocità ferroviaria. Ma nell’attesa di aggiudicarsi i subappalti, con il pragmatismo tipico del genovese, mettevano le mani su decine di appalti di pulizie facendo soldi a palate grazie a una semplice strategia: salari “infimi”, contributi mai versati, e niente detersivo nei secchi dei pulitori.
Fa sorridere ma è anche questa la ’ndrangheta utilitaristica che emerge dagli atti dell’inchiesta della procura antimafia di Reggio Calabria che ha portato in carcere quaranta persone in tutta Italia e svelato nuove relazioni pericolose tra ’ndrine e politica.
Strumento della direzione strategica della ‘ndrangheta, il senatore di Gal, Antonio Caridi, era al servizio anche dei clan Raso Gullace-Albanese e Parrello – Gagliostro. E a lui ricorrevano per aggiustare procedimenti presso l’agenzia delle entrate, ramazzare appalti e lavori, ma anche per truccare concorsi e trovare raccomandazioni all’Università La Sapienza, ateneo scelto dalla figlia del boss Mommo Raso per diventare odontoiatra. Da assessore, Caridi era l’uomo dei clan che agevolava i rapporti con le banche, da parlamentare quello in grado di individuare il collega giusto a cui chiedere un “favore”. Così ha messo nei guai il parlamentare del gruppo misto, Giuseppe Galati, accusato di aver accettato un lotto di terra in cambio di un aiuto per sbloccare o lavori realizzati da un’impresa dei clan al parco Decima Malafede, zona sottoposta a vincolo paesaggistico. Non c’è prova e il gip non ha concesso l’arresto chiesto dalla Dda di Reggio Calabria per il parlamentare, ma Galati rimane sotto indagine. È invece indagato per intestazione fittizia aggravata dall’aver favorito la ‘ndrangheta il vicepresidente del Consiglio regionale calabrese, Francesco D’Agostino.
Per i magistrati era solo un mero prestanome dell’impresa Stocco&Stocco, con cui ha sponsorizzato squadre di calcio e feste di paese, ma per il gip è solo vittima del condizionamento imposto dai clan in Calabria.
Ma il dato più sorprendente è il ruolo dei presunti ‘ndranghetisti liguri. Le indagini iniziate dagli uomini della Dia di Genova raccontano sì dell’immancabile rito della discesa al sud per prendere ordini e accordi, ma anche di un attivismo imprenditoriale che dalla città della Lanterna si espande in varie regioni.
Il nome che fa più scalpore, perché di un genovese doc, incensurato, manager affermato è quello di Giampaolo Sutto arrestato anche lui per associazione di stampo mafioso. In veste di presidente di consorzi che raggruppano cooperative di pulizia e servizi alle imprese (Iprams, Prismpa, oggi Ign) aveva ottenuto appalti da Poste, Ferrovie, assicurazioni, comuni, banche e anche Tribunali in mezza Italia. Come? Lo spiega il gip di Reggio: “Grazie alle infime retribuzioni praticate dalle ditte della ‘ndrangheta, che non solo non assumevano regolarmente i lavoratori, ma non versavano i contributi previdenziali e non accantonavano somme per il successivo Tfr”.
Non solo. Quando gli appalti rendono poco si può rimediare. Lo spiega Orlando Sofio a Carmelo Gullace altri due big in manette: “Si guadagna poco...però ha detto che ora si sta arrangiando, perché...detersivi non ne mettono, non mette un cazzo!”.
E quando arrivano le ispezioni degli enti previdenziali la soluzione è scontata: “Ogni tre anni, poi chiudono quella cooperativa e ne aprono un’altra, la preparano prima”. Ma i soldi a sentire Sofio non mancano mai per gli appuntamenti annuali all’hotel Holiday Inn del Parco dei Medici a Roma dove “due volte all’anno organizza feste per tutti … l’ultima che ha fatto eravamo in 12 di noi e ha preso 14 donne e la maitresse… certe volte c’era anche il balletto brasiliano”.
La ragnatela di imprese controllate era imponente e se Sutto non pagava i debiti c’era chi glielo ricordava: “Vi abbiamo rispettato da amici...ci siamo intromessi per farvi rispettare... abbiamo sempre fatto tutto quello… e poi vi comportate così”.
Ma i calabro/liguri del ponente savonese miravano nel 2012 alla grande torta dei cantieri per il Terzo Valico ferroviario tra Genova e Milano. Guidati da Antonino Fameli e Carmelo Gullace – con lui in carcere anche la moglie Giulia Fazzari – assieme a Orlando Sofio che opera al confine del basso Piemonte avevano ditte edili, mezzi per la movimentazione terra e discariche, pronti per ottenere sub appalti.
Dice Sofio: “L’unica speranza è quest’alta velocità se riuscisse, se partisse, che riesco a metterci il becco dentro in qualche modo”.
E per aiutare la causa si creano comitati pro Tav. Lo spiega Orlando Sofio al nipote: “Aspetta! Guarda che sto facendo un movimento Sì Tav. Con Libero, Cavallera e tutta quella gente lì”.