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 2016  luglio 20 Mercoledì calendario

È legale che i privati paghino i costi dei crac bancari. L’ha detto la Corte Ue

Il burden sharing, introdotto tre anni fa per chiamare azionisti e obbligazionisti delle banche a ripianarne le perdite, chiudendo il decennio dei salvataggi pubblici che svenarono mezza Europa (ma non l’Italia), «non viola il diritto dell’Unione». Tuttavia gli Stati membri, in casi di grave pregiudizio per la stabilità, possono evitare il salasso agli investitori privati: se prima convincono la Commissione europea che la soluzione scelta rispetta le norme della concorrenza interna.
Con questa sentenza, piuttosto salomonica, ieri la Corte di giustizia del Lussemburgo ha disciplinato il caso sollevato dalla Corte costituzionale slovena. La decisione, attesa in Italia alla luce del negoziato in corso da due settimane con Bruxelles sul caso Monte dei Paschi, non sembra in grado di sovvertire gli equilibri nella difficile trattativa tra i politici nostrani – che ove necessario dare altri soldi pubblici alla banca senese vorrebbero evitare qualsivoglia coinvolgimento a tutti i suoi obbligazionisti – e i funzionari di Bruxelles, poco propensi a sospendere i dettami della direttiva Brrd di gennaio che applica il salasso ad azionisti, obbligazionisti subordinati e correntisti sopra i 100mila euro.
La Commissione ha accolto con favore la sentenza della Corte Ue, perché «conferma le attuali pratiche per applicare le regole sugli aiuti di Stato alle banche, regole che sono state ampiamente applicate negli anni della crisi finanziaria in oltre 22 Stati membri», è stato il commento di una nota di Bruxelles. Mentre la commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager ha riposto «no» a chi le chiedeva se la sentenza impatterà sul dialogo in atto – da lei definito «molto costruttivo» – tra Italia e Ue in cerca di misure che agevolino il risanamento delle banche nostrane.
A Piazza Affari, forse per troppe aspettative sul fatto che la sentenza potesse dare una spallata ai principi del “salvataggio privato” degli istituti, i titoli bancari hanno reagito male alla notizia: con cali mattutini fino al 5% per i principali gruppi, e del 6% per Mps. Nel corso della seduta le banche hanno poi ridotto le perdite, e quella senese ha chiuso a -3,29%.
A ben leggere nelle pieghe del dispositivo, infatti, la Corte Ue ha lasciato diversi spiragli di autonomia a quei governi che volessero evitare purghe automatiche ai portatori di bond più rischiosi. E vi è chiaramente definito che «la Comunicazione Ue del 2013 sul settore bancario (quella che introdusse l’obbligo degli oneri privati prima dei salvataggi pubblici,
ndr) non è idonea a creare obblighi autonomi agli Stati membri, e non ha pertanto effetti vincolanti nei loro confronti». Tra l’altro, tale “comunicazione” non è una dichiarata fonte del diritto comunitario, ma un “atto interno”: quindi subordinata rispetto ai Trattati e alle Costituzioni nazionali. «La sentenza non risolve le cose all’Italia, ma non le complica – osserva un giurista – e passa la palla ai governi perché giochino le loro carte». Ora l’Italia, anche studiate le due eccezioni che la direttiva Brrd consente sul salvataggio interno in casi di instabilità (come Brexit) e di risultati negativi degli stress test (quelli che si profilano su Mps il 29 luglio), si prepara al confronto-scontro decisivo.

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COSA HA STABILITO LA CORTE EUROPEA?
La Corte di Lussemburgo ha stabilito che il principio del “burden sharing” (in inglese “condivisione del fardello”), introdotto nell’agosto 2013 da una Comunicazione della Commissione europea per ripartire, in caso di crisi bancarie, gli oneri tra azionisti e creditori subordinati, «non viola il diritto dell’Unione europea». La sentenza arriva dopo un ricorso dei risparmiatori sloveni, che nel dicembre 2013, quando Lubiana ricapitalizzò con 3,2 miliardi pubblici le prime cinque banche statali, si videro azzerare 600 milioni di bond subordinati.
QUALI MARGINI DI MANOVRA SONO LASCIATI AI PAESI MEMBRI?
La Corte Ue ha stabilito però che «uno Stato membro non sia obbligato a imporre alle banche in difficoltà, prima di concedere qualsivoglia aiuto di Stato, di convertire i subordinati in capitale o svalutarli». Nei casi di «grave turbamento all’economia», o per evitare rischi sistemici, un paese potrà esplorare altre strade: ma in tal caso quel paese «si assume il rischio di vedersi opporre una decisione della Commissione Ue che dichiara l’incompatibilità di tali aiuti di Stato con il mercato interno».
PERCHÉ LA SENTENZA HA RILEVANZA PER L’ITALIA?
Perché può creare un precedente, e fissa paletti importanti in vista del possibile intervento pubblico nel Monte dei Paschi, che entro il 29 luglio dovrebbe annunciare la vendita di una decina di miliardi di euro di suoi crediti insolventi, e la contestuale ricapitalizzazione da circa 3 miliardi. Adattando all’Italia le parole dei giudici Ue, Roma potrebbe quindi intervenire a sostegno della banca senese, senza che automaticamente i portatori di bond subordinati (Mps ne ha per 5,2 miliardi, oltre metà in mano alla clientela minuta) paghino pegno con lo stralcio o la conversione in azioni.