MilanoFinanza, 19 luglio 2016
Se la deflazione passa per i Big data
I prezzi al consumo non accennano alcun rialzo. Nonostante la massa monetaria aggiuntiva stampata dalle banche centrali con i tanti quantitative easing, l’inflazione non solo non sale ma tende a decrescere. Siamo in deflazione, forse non dappertutto, ma certo in molti mercati avanzati, tra i quali l’Italia. Per chi pensa che la deflazione possa essere un fenomeno transitorio del capitalismo contemporaneo forse è bene sottolineare qualche aspetto originale del mondo nel quale viviamo.
Oggi il principale driver della deflazione non è tanto l’innovazione tecnologica legata all’hardware, quanto l’emersione dei big data. La legge di Moore, dal nome dell’ingegnere co-fondatore di Intel, parlava della capacità dell’industria dei processori al silicio di raddoppiarne la potenza ogni 18 mesi. Una legge che ha retto empiricamente per anni prima di essere scavalcata dall’avvento degli smartphone e dei tablet. Oggi la capacità elaborativa di questi strumenti, dei veri e propri computer da tutti i punti di vista, raddoppia ben più rapidamente.
Ma sono i big data il fenomeno emergente più importante da analizzare per provare a capire la logica del mondo deflattivo col quale dobbiamo prepararci a convivere. I big data, cioè la possibilità di gestire e utilizzare a basso costo un numero sterminato di dati, offrono a imprese e consumatori un’occasione forse attesa da sempre: poter avere quasi gratis o comunque a basso costo qualsiasi tipo di informazione complessa desiderino. Ogni correlazione, ogni analisi o statistica diventa a portata di portafoglio. La materia prima più preziosa dell’economia di mercato, l’informazione, è così producibile senza praticamente alcun costo. È la deflazione che entra in modo stabile e permanente nel motore della produzione e lascia capire perché la stagione dei tassi di interesse negativi è destinata a durare a lungo.
Per le banche commerciali la stagione dei big data non significa soltanto che potranno utilizzarli per profilare meglio i clienti. Soprattutto vuol dire che devono imparare a convivere con un contesto strutturalmente deflattivo nel quale i margini di interesse generati dalla tradizionale attività di intermediazione sono destinati a restare modesti. Con la tecnologia hanno vinto i consumatori e perso gli intermediari. E un capitalismo con meno o privo di intermediari è, per definizione, a basso costo e tendente alla deflazione.