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 2016  luglio 19 Martedì calendario

L’addio di Cancellara e la vittoria di Sagan, un Valentino Rossi senza motore

Giorno di grandi gesti, grandi addii e grandi conferme. E grande caldo, grandi bevute (d’acqua), grande stanchezza. Oggi riposo, forse anche per questo la prima ora di corsa, ieri, sui 50 di media. Una follia. Il gruppo non concede permessi. Fa un’eccezione per Tony Martin e Alaphilippe, che hanno la stessa maglia Etixx ma sono molto diversi. Alaphilippe era in fuga già il giorno prima, verso Culoz, e forse avrebbe vinto, non gli fosse saltata la catena. Ha 24 anni, è un peso leggero di temperamento, buono per le classiche, a suo agio nel primo Tour. Martin è la locomotiva di Cottbus, tre volte campione del mondo a cronometro. Cottbus è una città mineraria ex Ddr, con poche attrattive. L’Energie, fondata come squadra dei minatori, ha tra i soci onorari Angela Merkel, è attualmente in quarta divisione, ma nei primi anni del secolo giocava in serie A e detiene un record: il 6 aprile 2001, prima squadra nella storia del campionato a giocare senza un tedesco tra campo e panchina. Non era Cottbus a non volere i calciatori tedeschi, ma l’esatto contrario.
Alaphilippe ha una faccia da furetto, Martin da contadino il cui pollaio è stato visitato da un furetto. Vanno forte, ma sempre sotto controllo. È una scena da Trofeo Baracchi inserito in una gara a tappe. Tre quarti del lavoro pesano su Martin. «Ci siamo trovati per caso e abbiamo insistito. A volte ci vuole fantasia, ogni tanto le cose strane nel ciclismo vanno in porto. Noi no, bastavano 3’ di vantaggio in più, ma va bene lo stesso». Premiati alla pari come combattivi del giorno, arrivano alla pari, penultimo e ultimo, 12’20” dopo la vittoria di Sagan. Il grande addio è quello di Fabian Cancellara, chiamato Spartacus o anche la locomotiva di Berna (con radici in Lucania, please). Motivato o se preferite locomotivato da un traguardo posto a 4 km esatti da casa sua, per giunta con un po’ di pavé nel finale, Cancellara le ha pensate tutte. Voleva regalarsi un numero e regalarlo al pubblico, a fine stagione smetterà, 35 anni sono tanti per un ciclista, ancor più se è generoso. Era il sorvegliato speciale. Andare in fuga, impossibile. Andarsene da solo, nel finale, anche. Come unica scelta gli restava lo sprint: è arrivato sesto. Applausi alla carriera.
Superati i due terzi di corsa, una piccola osservazione. Nessun francese fin qui ha vinto una tappa. Nessun italiano. Nessuno spagnolo. Erano le tre grandi scuole. Per contro, gli inglesi avranno sì inventato il calcio ma a livello Nazionale prendono lezioni a destra e a manca. Nel ciclismo hanno risalito la corrente molto più dei salmoni: qui la maglia gialla è loro, quella bianca del miglior giovane pure, e in quella verde sono secondi alle spalle di un grandissimo Sagan, che ieri ha chiuso la pratica vincendo al fotofinish su Kristoff. Nel gruppetto dei migliori c’era anche Cavendish, ma così stanco da non provare nemmeno a partecipare allo sprint. Nei primi 9 ci sono 3 norvegesi, anche questo dice come siano cambiati i tempi. Cinque centimetri prima della linea bianca e cinque dopo Sagan è secondo. E vince convinto di essere secondo: «Ho avuto fortuna, portando avanti la bici al momento giusto mentre Kristoff dà il colpo di reni con un attimo di ritardo». Non festeggia, come a Cherbourg quando superò Alaphilippe: «Là sapevo di aver vinto lo sprint, ma credevo fosse per il secondo posto». Quando vince Sagan sono tutti contenti. C’è in lui qualcosa di fanciullesco, che non significa infantile: il suo gusto per la battuta e quel po’ d’allegria consentita anche quando si arriva in coda, col gruppetto, le impennate con la bici, un po’ di teatro (da piccolo studiava recitazione), quella voglia di mostrare anche il lato sorridente del ciclismo, non solo quello sofferente. Già ora lo si può raccontare come un Valentino Rossi senza motore. Per il resto, Froome è il solo a poter mutare, a suo vantaggio, la classifica del Tour. Sul secondo e sul terzo ha vantaggi minori che nei due vinti: 1’47” su Mollema (4’14 nel 2013, e 3’10” su Quintana nel 2015), 2’45” su Yates (4’25” su Contador nel 2013, 3’32” su Van Garderen nel 2015). Son sicuro che Froome, forse già domani, darà una scrollone.