la Repubblica, 19 luglio 2016
La verità è che sul binario unico di Andria c’era un capostazione che ha sbagliato
Alla fine la verità è che su quel binario unico, privo di controllo automatico della circolazione, c’era un capostazione che ha sbagliato. Anche perché, forse, lavorava troppo. «Io da solo, martedì scorso, avevo la responsabilità di tutto lo scalo ferroviario di Andria, del traffico dei treni, dei passeggeri, della gestione dei semafori e dei passaggi al livello», ha spiegato in sintesi Vito Piccarreta nel suo interrogatorio durato sei ore, secretato. E non è un caso, dunque, che ieri la procura abbia ordinato delle perquisizioni lungo gli undici chilometri della tratta dell’incidente.
Davanti ai pm del pool della procura di Trani, guidata da Francesco Giannella, Piccarreta non ha sminuito il ruolo. «Sì, ho fatto partire l’ET 1021 dalla mia stazione perché non immaginavo che da Corato stesse arrivando un altro treno». Dallo scalo di Corato gli avevano preannunciato in arrivo due convogli. Giunto il primo (l’ET1642, in ritardo di 23 minuti), il capostazione lo ha confuso con il secondo, ed ha alzato la paletta verde ad altri due treni: uno verso Corato, l’altro verso Barletta.
Il suo avvocato Leonardo De Cesare aveva presentato un certificato medico ma è stato Piccarreta stesso a insistere per presentarsi dai pm. Anche perché è disposto ad ammettere il suo errore, ma non ad accollarsi l’intera responsabilità di ciò che è accaduto. «Una serie di concause e fatalità hanno provocato il disastro in cui sono morte 23 persone», dice De Cesare. Piccarreta, infatti, sostiene che non era l’unico a doversi accorgersi dell’esistenza di due treni sulla stesso binario. Non solo. «Non ho fatto io la correzione a penna sul registro del traffico dei treni», ha ribadito più volte, riferendosi all’alterazione che ha fatto sospettare gli inquirenti di trovarsi di fronte a un tentativo di coprire l’errore umano.
La storia è quella che Repubblica ha anticipato nei giorni scorsi. Sul registro cartaceo sequestrato dai pm figura un orario di partenza dell’ET 1021 (il treno Andria-Corato) corretto a penna. Stando a quella carta, il convoglio che si è scontrato con l’ET 1610 in arrivo nel senso opposto, è partito “alle 10.59”. In perfetto orario. Non si legge, però, l’indicazione originaria, modificata da una manina che – a questo punto – non si sa di chi sia. Piccarreta, sulla dinamica, non è stato in grado di chiarire se abbia avvertito in tempo il suo collega a Corato dell’invio del treno.
Il suo collega di Corato in servizio quel giorno a Corato ha pochi dubbi. Sostiene Alessio Porcelli, interrogato subito dopo l’audizione di Piccarreta e difeso dall’avvocato Massimo Chiusolo: «Da Andria non mi è arrivato alcun messaggio. Non potevo sapere che incontro al mio ET1016 stava piombando un altro treno». Piccarreta e Porcelli sono accusati, insieme con il capotreno sopravvissuto Nicola Lorizzo, di omicidio colposo plurimo e disastro ferroviario. «Sono un uomo distrutto – ha detto Porcelli – volevo andare ai funerali di Andria, ma non ce l’ho fatta. Voglio tornare a lavorare, da piccolo volevo fare il capostazione».
Qualcosa tra le versioni dei due capostazioni non collima: ci sono per esempio da ricostruire i momenti successivi allo schianto. Attorno alle 11.07, un minuto circa dopo il disastro, risulta dai tabulati acquisiti dalla polizia che il capostazione di Andria abbia chiamato il collega di Corato e lo abbia avvertito di aver dato la partenza al treno. A quell’ora, però, nessuno dei due sapeva che c’era già stata la strage. È necessario poi chiarire due punti: se, grazie al Gps, da Bari la Ferrotramviaria poteva seguire i due convogli e accorgersi dello scontro. E se, davvero, c’erano alcuni treni privilegiati (quelli in direzione aeroporto) rispetto ad altri. Risposte che gli investigatori cercheranno nei prossimi giorni.