Corriere della Sera, 19 luglio 2016
Sul monopolio segratese dello Strega
Negli ultimi quindici anni, salvo la sola eccezione di Feltrinelli nel 2005, il Premio Strega è stato vinto dai due maggiori colossi editoriali. Ora i due colossi si sono fusi in un unico megacolosso, e se le cose andranno avanti così (come pare inevitabile), nel prossimo quindicennio il maggior riconoscimento letterario italiano sarà predestinato a un vero e proprio monopolio (segratese), pur nelle sue molteplici declinazioni: concorrendo con un libro Einaudi, Mondadori, Bompiani o Rizzoli avrai praticamente il 93 per cento delle possibilità di vittoria. D’altra parte, nonostante le correzioni meritoriamente apportate negli ultimi anni, il verdetto non cambia: vince sempre chi deve vincere, cioè il prescelto dell’editore più potente.
Dunque, a questo punto, converrebbe forse agli editori extra Segrate (grandi, medi e piccoli) dedicarsi ad altro, cioè concordare una elegante Strexit e inventarsi un altro premio, liquoroso o no, purché garantito a priori da una diretta Rai. Altrettanto auspicabile sarebbe che Segrate, con un gesto di sincerità, decidesse di annettersi ufficialmente anche lo Strega (di cui Segrate è per altro quasi anagramma), cioè di acquisirne il marchio, in modo tale da risparmiarsi le dispendiose telefonate ai 400 giurati, giocandosi liberamente in casa il trofeo: che sarebbe pur sempre una bella partita (la Rai la trasmetterebbe comunque e Mediaset potrebbe aggiungersi a reti unificate). Con queste due iniziative parallele (Strexit e campionato indoor Mondazzoli), l’aria verrebbe liberata dalle vecchie patetiche manfrine di ciò che resta della Prima Repubblica letteraria: la quale ogni anno parte a gennaio sussurrando il nome del favorito («questo sarà l’anno di…»), prosegue insinuando che il favorito in realtà non sia poi così favorito come si pensava («vuoi vedere che invece…») e conclude, non si sa come ma con quasi matematica regolarità, conclamando il trionfo del favorito annunciato mesi prima.
E siccome questo simpatico gioco non è gratuito ma vale fra le trentamila e le centomila copie, è giunta l’ora di riconoscere l’evidenza: è più difficile riformare lo Strega che la Costituzione italiana (premiata con uno Strega straordinario nel 2006). Serve un piano di Realpolitik. Le vittime designate smettano di sacrificarsi e i vincitori annunciati non fingano (o meglio non fingano di fingere, come il poeta di Pessoa) di soffrire il batticuore che sentono davvero.