Corriere della Sera, 19 luglio 2016
L’economia del latte
Il Trentino produce diciotto miliardi di euro all’anno. La locomotiva del Prodotto interno lordo è naturalmente il turismo, mentre un miliardo tondo tondo proviene dall’agricoltura, da dividere equamente tra frutticoltura e viticoltura. Poi, ci sono 120 milioni ricavati dal settore zootecnico. L’80 per cento, cento milioni circa, è rappresentato dal latte.
Perché, se l’agricoltura ha ridisegnato i suoi 150 mila ettari – dei quali ben 70 mila sono zone boschive – le vie del latte ci hanno messo del loro. Tra vallate, alta montagna, erba fresca, fiori e acqua. Luoghi di passaggio e di sosta delle protagoniste delle malghe e dei masi trentini: i bovini da latte. Un esercito di ventitremila mucche pronte a regalare ciò che da queste parti chiamano «oro bianco»: centocinquantamila quintali di latte all’anno.
D’accordo, poca roba rispetto al resto d’Italia – un po’ più dell’1 per cento della produzione nazionale, e che colloca il Trentino all’undicesimo posto – ma talmente genuino da meritarsi una festa tutta per sé. «Latte in festa» (www.latteinfesta.it) è, infatti, il titolo di una iniziativa a cura di Trentino marketing, in programma il prossimo weekend, dal 22 al 24 luglio, e in quello che andrà dal 19 al 21 agosto. Coinvolti i territori della Val di Non, Primiero, Val di Rabbi e Val di Fiemme, simboli di una filiera a chilometro zero. Delle 300 malghe sul territorio, veri e propri avamposti della tradizione casearia, in 110 il latte viene trasformato in prodotti caseari tradizionali.
L’indotto è nelle ventitré aziende distributrici di latte non pastorizzato su tutto il territorio provinciale, e soprattutto nel migliaio di aziende che vivono grazie all’oro bianco. «Portare gli animali giovani all’alpeggio, garantendo al bestiame un più lungo periodo in cui possano muoversi in libertà, accresce la loro resistenza a certe patologie, ne riduce lo stress dovuto alla permanenza in stalla nel periodo invernale, e favorisce un migliore sviluppo dell’apparato osteo-muscolare», ricorda Michele Dallapiccola, veterinario e assessore all’Agricoltura delle Provincia trentina. Ed è proprio attraverso una serie di azioni economiche della Provincia trentina che si è cercato di dare nuova linfa a un settore come quello della zootecnia, e quindi del latte.
Per evitare la chiusura delle stalle, favorendo un consumo più diffuso di latte autoctono, sono state adottate delle agevolazioni. Su tutte, il «Premio benessere zootecnia», del valore di 150 euro per animale, finalizzato a sostenere i costi dell’alpeggio, di trasporto, e l’eventuale perdita di reddito dell’allevatore, dal momento che affinché un bovino inizi a produrre latte occorrono almeno sette mesi. «Abbiamo registrato, negli ultimi dieci anni, una inversione di tendenza del settore zootecnico, passato da una forte contrazione a una fase di espansione: basti pensare all’ultimo bando del Piano di sviluppo rurale, nel quale sono pervenute ventidue domande di apertura di nuove stalle da parte di giovanissimi allevatori», ricordano in Provincia.
A tal proposito, è emblematica la storia di Irene Piazza, 23enne di Feltre, oggi a Passo Brocon, a 1.670 metri, nella Valsugana, per amore delle sue quaranta brune alpine da sette quintali al giorno di latte. Irene munge i suo bovini e lavora il latte in modo innovativo: «Non produco solo la Tosella, il classico formaggio stagionato trentino, ma realizzo anche formaggi al cioccolato e nocciole, al vino marzemino e alle erbe di montagna».
E le famiglie che si spingono su fino alla malga Cavallara, apprezzano. Intuendo quanto la magia del latte non sia legata soltanto alla capacità di trasformarsi in burro e formaggi, ma anche in prodotto turistico. E quindi, goccia dopo goccia, in Pil.