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 2016  luglio 19 Martedì calendario

Tutto sullo show di Beyoncé, l’ape regina del pop

Ciao Rihanna. Bastano tre minuti. Senza che nemmeno Beyoncé sia salita sul palco la corsa al trono che fu di Madonna ha una vincitrice. C’è un monolite che occupa il palco di S. Siro. Un parallelepipedo alto 20 metri con le facce ricoperte da schermi led. Gira lento, avvolto alla base dal fumo, immagini della protagonista come scariche elettriche e un suono cupo. Questo è dire qualcosa di nuovo in uno spettacolo pop, è alzare l’asticella e mettersi davanti a tutte.
Magari non avrà la carica internazional-popolare per lasciare il segno oltre la musica come Madonna, ma con Gaga ferma a fare la badante di Tony Bennett, e Rihanna che con «Anti», disco e tour passato da S. Siro la scorsa settimana, ha fatto flop, ha solo Adele, che però gioca un campionato diverso, come rivale.
Queen Bey, gioco di parole con l’espressione queen bee, ape regina, arriva in scena sulle note di «Formation». Volto coperto da un cappello nero da medico della peste, indossa body nero e stivaletti stringati: ispirazione vittoriana. Come le 14 ballerine che la accompagnano. Sorry non è un lamento, un chiedere scusa. È il suo dire all’uomo che sta con lei, il numero 1 del rap Jay Z, che lei se ne va se lui continua a tradirla. Concetto del nuovo album «Lemonade» e che Bey si porta dietro da anni. Da quella «Irreplaceable» fatta subito dopo a cappella in cui lo invitava, era il 2006, a impacchettare le sue cose e andarsene. Icona assoluta del femminismo sexy. La ragazza che non ha paura di essere seducente, ma che sa quello che vuole. Concetto sottolineato dagli assoli in stile macho della band al femminile.
Il monolite è una macchina scenica. Su un suo primo piano virginale, velo bianco e mani giunte, si apre a metà e svela nella sua pancia un’acrobata sospesa nel vuoto. Più avanti nel taglio lungo la facciata più grande ci sarà un trionfo di scintille e fuochi d’artificio e un’altra acrobata appesa a un cubo di luci neon. E ancora, su «Partition», una finestra con le ballerine in scatole moltiplicate sul video.
Davanti al palco c’è una grande L. Il primo braccio è una passerella tapis-roulant che porta la star e il corpo di ballo avanti e indietro. La seconda, quella in parallelo al palco principale, serve per farsi vedere da vicino anche dalle tribune. Nei bis finali, riempita da oltre 7 mila litri d’acqua, è uno specchio d’acqua su cui ballare.
Intermezzi video sul monolite e cambi d’abito e di colori segnano i diversi momenti. La costante restano le gambe scoperte e boleri e corpetti e i capelli biondi mossi dal vento. Tante le firme italiane. E lei ringrazia in diretta tutti quelli che creano il suo stile.
Non ballerà come Madonna, ma non canta nemmeno male come la ex regina del pop. Qui non c’è sospetto di playback in dosi massicce. La sua voce ha sempre una delicatezza e una dolcezza che si esprimono al massimo nelle ballad come «Me, Myself and I» o «All Night». Si permette anche una «Love on Top» a cappella, senza band, piena di ricami e colpi di classe. E poi scena vuota, schermi viola e la voce di Prince intona «Purple Rain». Siamo all’ultimo quadro. Ecco la bomba sexy: il latex rosso fa già il suo, saper usare il lato b fa il resto per una «Crazy in Love» in versione rallentata...
Festa per 55 mila, e tanti volti noti fra gli ospiti: Eros Ramazzotti, Marco Mengoni, Daria Bignardi, Emma, Alessandra Amoroso, John Legend, i gemelli Dean e Dan Caten di DSquared. Tutti qui per l’investitura della pretendente al trono. Ma siamo sicuri che c’è partita?