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 2016  luglio 19 Martedì calendario

Montaigne, l’uomo che dubitava con prudenza

Tullio Gregory ha raccolto, per le Edizioni della Normale, tre suoi saggi su Montaigne ( Michel de Montaigne o della modernità ). Ne risulta un ritratto coerente di Montaigne in quanto pensatore, attratto dalle correnti scettiche del pensiero antico, non soltanto il Montaigne letterato onnivoro.
Gregory pone in rilievo la peculiare scelta etico-pratica di un signore alieno dalla politica e prudentissimo nella sua condotta di vita. Basti pensare che gli Essais (1575 e 1580) escono a ridosso di un evento capitale e a suo modo chiarificatore quale il Concilio di Trento. Un signore assai prudente, che impone a se stesso una scelta di vita capace di coniugare l’intima libertà di dubitare con l’ossequio non del tutto esteriore alla ortodossia cattolica.
Si potrebbe dire che analoga schizofrenia si manifesterà nel secolo seguente in Cartesio, alla cui fine però pare non fosse estranea una mano santamente ispirata. Chi percorra gli Essais si rende conto dello spazio preponderante riservato al pensiero antico: Cicerone, Lucrezio, Orazio e Seneca campeggiano, e, tra i greci, ovviamente Platone. Quella di Lucrezio è una presenza apertamente eversiva. A questo proposito Gregory ricorda il rimprovero mosso a Montaigne, a Roma, dal «Maestro del Sacro Palazzo», di essere troppo interessato a Epicuro. Di recente una eccellente edizione critica ci ha messi nella condizione di leggere le note marginali che Montaigne vergava sul suo esemplare lucreziano. E potremmo aggiungere, per meglio intendere l’universo mentale di lui, la collezione di motti ricavati dagli autori antichi che egli fece iscrivere sulle travi che reggevano la struttura architettonica della sua biblioteca. Le si possono leggere nell’appendice A dell’edizione Adelphi degli Essais : vi si intrecciano, tra i primi, Lucrezio, Sesto Empirico e l’ Ecclesiaste.
Ma veniamo a Cicerone. Nonostante il XL capitolo del libro I, molto critico verso l’«ambizione» di Cicerone, quel modello è ben presente e – operante – in Montaigne. Cicerone infatti è lo scettico pensatore che si manifesta apertamente come tale nel De divinatione (fondamentale lo studio che dedicò a quest’opera Sebastiano Timpanaro in una pregevole economica Garzanti) e nel De natura deorum; ma è, al tempo stesso, il disciplinato augure che, ufficialmente, prende sul serio norme e divieti di una religione in cui non crede, ma a cui destina il suo politico ossequio.
La domanda che sorge di fronte a tali ben noti e documentati comportamenti di grandi intellettuali è se abbia più nociuto il loro conformismo pratico o più giovato la loro lezione intellettuale. Comunque Cicerone merita alto rispetto, nonostante le superficiali critiche che Montaigne gli rivolge, perché quella sua «ambizione», che meglio potremmo definire impegno politico, fu per lui ragione di vita e occasione, consapevolmente affrontata, di morte coraggiosa.