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 2016  luglio 19 Martedì calendario

I De Benedetti sono stati condannati a 5 anni per l’amianto

I vertici della Olivetti condannati per omicidio colposo e lesioni colpose. Il giudice monocratico del tribunale di Ivrea, Elena Stoppini, ha inflitto ieri pesanti pene agli ex manager che hanno guidato l’azienda quando le lavorazioni prevedevano l’utilizzo di talco all’amianto, dagli anni Settanta ai Novanta. Il talco avrebbe causato il mesotelioma in 14 dipendenti, otto dei quali poi deceduti. Per questa ragione sono stati condannati, tra gli altri, Carlo De Benedetti e Franco Debenedetti a cinque anni e due mesi di reclusione e l’ex ministro Corrado Passera alla pena di un anno e undici mesi. Insieme a loro altri dieci manager hanno subito condanne che variano da quattro anni a un anno di carcere. «Sono stupito e molto amareggiato», ha commentato l’Ingegnere. La sentenza di primo grado diventerà esecutiva se sarà confermata nei successivi gradi di giudizio. Il tribunale ha anche condannato i manager a risarcire i familiari delle vittime per un totale di 1,7 milioni di euro, oltre al pagamento delle spese processuali. Il giudice ha rinviato alla procura gli atti che riguardano il decesso di tre dipendenti che sono morti di cancro ma non di mesotelioma pleurico. I pm dovranno indagare per capire se anche queste morti sono da considerare conseguenza dell’esposizione all’amianto di chi lavorava in quegli anni alla Olivetti.
Per Corrado Passera e altri sei manager il Tribunale ha disposto la sospensione condizionale della pena. Assolti con formula ampia invece quattro ex manager, tra i quali Roberto Colaninno e Camillo Olivetti.
Il processo era iniziato nel gennaio scorso ed era scaturito dalle indagini della procura di Ivrea su una serie di decessi per mesotelioma pleurico che si erano verificati nella zona. Al termine delle indagini la procura aveva chiesto il rinvio a giudizio dei manager accusandoli di non essere intervenuti tempestivamente dopo aver scoperto che la polvere di talco utilizzata nella produzione delle macchine per scrivere e delle stampanti conteneva amianto. Analogamente, i dirigenti aziendali erano accusati di non aver rimosso con rapidità l’amianto contenuto nelle strutture degli edifici aziendali. I difensori dei manager hanno sempre sostenuto che i loro assistiti avevano, al contrario, preso tutte le misure note all’epoca per tutelare la salute dei lavoratori. Al processo sono state ascoltate, tra le altre, le testimonianze dei dipendenti ammalati e dei parenti dei deceduti. Uno dei punti chiave del dibattimento ha riguardato una perizia del Politecnico di Torino che aveva già messo in evidenza la pericolosità del talco all’amianto nel 1981. Secondo l’accusa l’azienda avrebbe ritirato la sostanza dalla lavorazione solo nel 1986. Secondo la difesa invece la sostituzione sarebbe avvenuta già negli anni Settanta. Con la sentenza di ieri il Tribunale sembra aver appoggiato la tesi dell’accusa. La diversa gradazione delle pene inflitta ai manager è legata alla lunghezza del periodo di permanenza alla guida della società e alle misure che furono o non furono prese in quel lasso di tempo per evitare l’esposizione all’amianto. Così chi è rimasto a lungo al vertice negli anni in cui erano meno note le gravi conseguenze per la salute del talco, ha subito le condanne più dure.Le motivazioni della sentenza saranno note entro metà ottobre. Gli imputati hanno annunciato il ricorso in appello. Ad ascoltare la lettura della sentenza c’era anche il sindaco di Ivrea, Carlo Della Pepa. «L’amianto è un problema con cui dovremo convivere ancora per molto tempo. Questa condanna – dice – mette un punto fermo su una vicenda dolorosa che però non deve inficiare l’intera storia di Olivetti e il suo rapporto con questa città».
La pm Laura Longo pensa già ai malati di mesotelioma che si scopriranno nell’Eporediese e ai nuovi processi da fare: «Continuano ad arrivare notizie di persone che si ammalano o che sono morte. Qui l’amianto è stato usato fino alla metà degli anni 90. La giudice ci ha dato ragione, ma questo disastro si poteva e si doveva evitare».Secondo gli studi dello Spresal dell’Asl di Ivrea, il picco della malattia dovrebbe arrivare entro il 2020. Nel palazzo di giustizia, sono custoditi due corposi fascicoli con le scritte Olivetti bis e Olivetti ter. Dentro, le storie di quasi un centinaio di lavoratori che sono entrati in contatto con l’amianto.
«Questo è solo il primo passo di una vicenda che continuerà a toccare la città per molti anni. Una sentenza che fa ben sperare anche per i prossimi processi» dichiara Federico Bellono della Fiom. Dice Laura D’Amico, legale della Cgil: «Abbiamo ottenuto che venisse riconosciuta la responsabilità di un vertice aziendale per non aver utilizzato tutti gli strumenti a disposizione per tutelare i lavoratori». Anche la Fim Cisl, anch’essa parte civile, si prepara: «Ci aspettiamo l’appello, ma la strada con questa sentenza è tracciata».