Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  luglio 17 Domenica calendario

Gli ippopotami di Escobar sono diventati una sessantina. C’è di che preoccuparsi

L’ultimo lascito di Pablo Escobar, il re dei narcos, non sono droga né gioielli, bensì ippopotami. Il signore della coca fu ammazzato da una task force il 2 dicembre 1993, poi ogni suo bene è finito tra le mani delle autorità: case, soldi, oro. Tutto confiscato. Anche l’Hacienda Napoles, il ranch che Escobar aveva fatto costruire a metà strada tra Medellín e Bogotà, impreziosito da uno zoo di animali rari ottenuti attraverso il bracconaggio: giraffe, zebre, elefanti e – appunto – ippopotami. Sepolto il boss, gli animali sono stati regalati ai più importanti parchi colombiani. Ma degli ippopotami non se ne è fatto nulla.
Questi, tra i mammiferi più grandi del mondo, sono rimasti nel ranch del criminale. Proliferando, nel tempo stesso in cui i terreni venivano lasciati a se stessi. Da quattro, gli ippopotami sono diventati una sessantina. Hanno preso a scorrazzare liberi attorno alla villa patronale, finendo per invadere i villagi contigui. «Il problema – spiegano i veterinari intervenuti – è per la fauna locale: i giganti dei fiumi si stanno sostituendo alla popolazione animale autoctona». Gli ippopotami sono pericolosi e difficili da controllare. La castrazione, paventata come prima contromisura, è difficile da portare a termine a causa dell’anatomia dei bestioni: hanno testicoli interni sui quali si riesce a operare solo previo enorme dispendio economico. Un eventuale trasferimento in Africa è da escludersi. Il branco potrebbe portare con sè malattie contratte in Sudamerica. Sradicare, dunque, gli ippopotami da quel terreno melmoso e umidiccio che chiamano casa, è impresa ardua. Le condizioni ambientali, unitamente al rischio nullo di siccità, sono tanto favorevoli alla loro riproduzione da averne accelerato lo sviluppo sessuale. Un maschio, in Africa, diventa maturo tra i 7 e i 9 anni. Nelle terre di Escobar, è sessualmente attivo sin dai tre.
La popolazione umana sembra non preoccuparsene. Sebbene siano state allertate diverse organizzazioni internazionali, i locali non si curano del pericolo che corrono: sebbene siano in grado di abbettere un uomo solo correndo, non sono pericolosi, dicono loro. riproduzione riservata