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 2016  luglio 16 Sabato calendario

L’ultima frontiera dei trapianti samaritani è WhatsApp

L’ultima frontiera dei trapianti samaritani è WhatsApp. I professionisti coinvolti nel puzzle di organi che in questi giorni ha salvato la vita a quattro persone grazie alla donazione di una volontaria anonima, si sono scambiati informazioni tecniche e foto sul più popolare dei social. Hanno chattato attraverso un gruppo chiamato «Samaritano Due».
È la seconda volta in Italia che la prodigiosa catena di interventi avviata dal gesto spontaneo di un altruista si conclude con successo dopo la prima volta dello scorso aprile. La più popolare delle applicazioni smartphone ha favorito la celerità di comunicazione.
Una donna lombarda di 60 anni ha deciso di mettere a disposizione il suo rene in modo disinteressato, come hanno avuto modo di accertare gli psicologi che ne hanno valutato la sincerità. È una delle forme di donazione da vivente che ha consentito un incrocio di operazioni, modalità chiamata cross over.
Il rene è andato a un uomo di Pisa che non poteva riceverlo dalla moglie per motivi di incompatibilità biologica. L’organo della donna pisana è stato assegnato in base alle sue caratteristiche biologiche a un paziente della stessa città. A sua volta il familiare del secondo cittadino pisano ha donato il rene a un ricevente di Siena. La catena si è chiusa a Bergamo dove un quarto malato era iscritto alla lista di attesa «tradizionale» per ricevere un organo da persone decedute in incidenti.
Ci sono voluti due mesi per organizzare la staffetta. Oltre 50 operatori coinvolti, tra medici infermieri e rianimatori, 33 ore di lavoro sul campo, fondamentale il contributo della Polizia stradale che con una Lamborghini ha trasportato il prezioso bagaglio da Milano a Pisa nel giro di due ore. In questi casi la rapidità del trasporto è un elemento chiave. I test per stabilire la compatibilità tra i malati sono stati eseguiti dal centro del San Camillo di Roma.
«Gli organi samaritani permettono di salvare persone che non possono contare su un donatore vivente adatto in ambito familiare. Abbiamo altri casi in preparazione che richiedono un attento esame delle motivazioni che sostengono questo gesto umanitario», dice Alessandro Nanni Costa, direttore del centro nazionale trapianti del ministero della Salute che spera in nuovi successi.
Dietro questa storia c’è un’organizzazione consolidata. L’Italia è ai primi posti del sistema trapiantologico europeo. Per il 2016 si prevede l’aumento di interventi con organi prelevati da persone decedute, 300-350 in più rispetto al 2015, la crescita più significativa degli ultimi 10 anni.
Come si spiega la ripresa? Nella maggior parte delle rianimazioni sono presenti medici che si occupano del rapporto con le famiglie dei pazienti. Ma molto ha contato il nuovo strumento per esprimere la propria volontà in vita. Al momento del rilascio della carta di identità, o al rinnovo, il funzionario chiede il consenso o il diniego alla donazione. Il 90% di chi accetta di mettere nero su bianco la propria scelta dichiara il «sì». Nel caso manchi una dichiarazione scritta, sono le famiglie a decidere per il loro caro prossimo alla morte cerebrale. Circa 1.400 Comuni, tra i quali Roma, Milano, Bologna, Perugia e Cagliari, sono già partiti per offrire agli sportelli questa procedura. Oggi l’opinione pubblica è consapevole del problema.
I trapianti da vivente lo scorso anno sono stati 306. Confermata la maggiore generosità delle donne rispetto agli uomini. In un caso su tre a privarsi del rene sono la moglie per il marito o la mamma per il figlio. I samaritani sono visti favorevolmente dai comitati di bioetica, anche all’estero. Dove però non sono sempre buoni e disinteressati. Se non viene fatta un’attenta valutazione del singolo offerente di parti del proprio corpo, c’è il rischio di avallare comportamenti di esibizionismo, come è successo in Germania.