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 2016  luglio 17 Domenica calendario

I 20 espulsi del M5s devono essere reintegrati. Lo dicono i giudici della VII sezione civile del Tribunale di Napoli

Riammessi per via giudiziaria nel Movimento 5 Stelle, rientrano nella casa grillina venti dissidenti napoletani espulsi a febbraio. A comunicarlo è proprio Roberto Fico, componente del direttorio che aveva deciso l’esclusione: anche se, chiarisce, «per ora sono iscritti sul portale, va da sé che non possono usare il simbolo perché questo spetta solo al portavoce». Reintegrati a tempo, perché dal 20 settembre i venti (più altri tre) torneranno in tribunale per la causa di merito.
Intanto l’ordinanza cautelare dei giudici della VII sezione civile del Tribunale partenopeo ha prodotto per intero i suoi effetti. Per i giudici, che citano l’articolo 49 della Costituzione, «il Movimento stesso può essere definito un partito». E il non-Statuto? «Al netto di efficaci artifici dialettici, che rientrano nella propaganda politica, altro non è giuridicamente che uno statuto».
Ne consegue che «le norme contenute nel regolamento pubblicato sul portale del leader politico del Movimento (Grillo, ndr ) non possono disciplinare le materie come l’esclusione degli associati, riservate dalla legge alla competenza assembleare». Non solo ma, proprio come accade nei partiti, i suoi associati «hanno diritto a partecipare alla vita politica, magari da una posizione antagonista rispetto alla linea del gruppo dirigente».
Insomma, una serie di «prescrizioni» che potrebbero obbligare il direttorio a portare alla luce del sole molti snodi decisionali. Magari, come sottolinea Luca Capriello, uno dei ricorrenti napoletani, «si potrebbe finanche riaprire il caso Pizzarotti, il sindaco di Parma espulso per non aver comunicato in tempo che era finito sotto inchiesta, dal momento che giuridicamente la mail con cui era stato sospeso non ha più valore».
Ma Fico frena: «Non siamo un partito. Quell’ordinanza è una misura provvisoria in attesa del giudizio di merito che riprenderà a settembre. Il Movimento è una figura che non ha precedenti nel nostro Paese e non solo. È normale che le decisioni dei giudici possano oscillare quando sono chiamati a misurarsi con la sua natura».
In ogni caso per Fico è prematuro parlare di «un cambiamento del nostro non-statuto. Leggiamo prima le carte e riflettiamo su quale sia la strada migliore da percorrere. Inoltre non ci sarà alcuna conseguenza sul caso Parma. Ma è Beppe che si occupa della questione. Comunque – aggiunge – i guardiani del rispetto dei valori all’interno del nostro laboratorio di idee e progetti restiamo noi tutti come singoli e comunità». Quel che è certo, per ora, è che da oggi sarà impossibile comminare altre espulsioni col classico sistema della doppia mail: prima quella che «incrimina» l’iscritto e gli chiede controdeduzioni, poi quella che lo estromette.
Intanto a Napoli i riammessi dettano la prima richiesta politica e nel mirino finisce proprio Fico. «Deve dimettersi sia dal direttorio che dal Meetup, innanzitutto perché ha tacitato il dissenso e ha tradito lo spirito partecipativo, e poi perché i risultati della sua gestione ci hanno portato a un deludente 10% alle elezioni comunali di Napoli. Il nostro reintegro costituisce per tutti l’occasione di darci un assetto migliore e davvero più trasparente». Insomma, la battaglia è appena iniziata in attesa del 20 settembre quando, davanti al giudice Nicola Graziano della VII sezione civile, compariranno ventitré ormai ex espulsi per discutere la causa civile di merito. Confidando nella via giudiziaria alla democrazia nel M5s.