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 2016  luglio 18 Lunedì calendario

Dal sedicenne brufoloso che posta esperimenti scientifici, allo svedese pagato per farsi guardare mentre gioca ai videogames: chi sono e quanto guadagnano i creator del web

Willie Rates è uno spilungone di 16 anni, il viso tempestato di brufoli e un bizzarro copricapo da faraone. In arte si chiama KhAnubis e ogni domenica manda in onda un video su YouTube dove spiega un fenomeno scientifico o commenta una notizia positiva. «Ho cominciato a farlo per un progetto di scienze a scuola e poi ho continuato per hobby, però guadagno anche qualche dollaro grazie alle sponsorizzazioni», racconta con orgoglio. KhAnubis ha fatto 1.500 chilometri per venire dalla sua città nell’Oregon, Portland, ad Anaheim, in California, dove ha partecipato alla VidCon, «la conferenza di chi ama i video online» (il Corriere della Sera era l’unico quotidiano italiano presente).
E KhAnubis non era nemmeno uno dei più bizzarri personaggi accorsi a questa Woodstock dei Millennial che si è tenuta il mese scorso: capelli rosa o blu, tatuaggi dalle caviglie al collo, abbigliamento ispirato ai loro beniamini, erano la divisa della maggioranza dei 25 mila giovani – molti adolescenti e anche bambini accompagnati dai genitori – che hanno pagato 150 dollari per vedere da vicino le nuove stelle di YouTube e delle altre piattaforme social, nomi che (quasi) nessuno più vecchio di 30 anni ha mai sentito, ma che valgono milioni di dollari.
I tipiHank Green ne vale «solo» due, secondo le stime della Gazette Review: da dieci anni con il fratello John fa il vlogger – blogger su YouTube – e nel 2010 ha fondato la VidCon; lo scorso mese ha lanciato anche la prima organizzazione di creator (chi crea i contenuti) per dar voce e difendere gli interessi di questa nuova categoria di artigiani digitali dello show business. «Ne abbiamo fatta di strada da quando su YouTube si vedevano solo cani e gatti sugli skateboard a oggi», ha detto John Green aprendo la VidCon. Lui e Hank sono il massimo esempio di come i contenuti dei video online si siano arricchiti e comprendano ormai una vasta gamma di generi, dai più frivoli a quelli serissimi come il Crash course dei fratelli Hanks, appunto: una serie di lezioni di storia, scienze e altre materie scolastiche seguita da 4,25 milioni di abbonati al loro canale.
«Per farcela, devi avere il giusto mix di ossessione per la qualità dei contenuti, attenzione a sviluppare l’audience, capacità di analizzare i dati del traffico sul web e spirito imprenditoriale», ha spiegato Hank Green. E ha sottolineato: «YouTube è l’unica società che ti manda un assegno se hai un certo pubblico. Ma anche gli YouTuber di maggior successo vivono sempre con un senso di precarietà, perché continuano ad aver paura di smettere di guadagnare».
La più pagata – con 50 milioni di dollari di ricchezza personale – è Michelle Phan, che insegna a truccarsi. Partner della casa di bellezza Lancome, ha una propria società di ecommerce di prodotti cosmetici. Poi c’è lo svedese Pewdiepie (18 milioni di dollari) che si fa vedere mentre gioca ai videogame, ha 43 milioni di abbonati e quest’anno è entrato nella classifica del settimanale Time delle «100 persone più influenti al mondo». E al terzo posto (con 11,8 milioni di dollari) c’è la coppia di comici Ian Hecox e Anthony Padilla, in arte Smosh, seguiti da 22 milioni di abbonati, che hanno creato anche un film, «Smosh: the movie». Indovinate chi l’ha diffuso in streaming, due mesi dopo il suo debutto su iTunes? Netflix, che quest’anno per la prima volta era presente con uno stand alla VidCon, a caccia di nuovi talenti per rimpolpare la sua programmazione di video originali.
Gli altriMa non c’era solo Netflix. Le stelle di Youtube fanno gola anche ai suoi concorrenti Hulu e Amazon.com, tutti con la bacchetta del rabdomante nella speranza di scoprire le idee fresche che seducono il pubblico under 25. I vlogger l’hanno capito, e dalla propria stanzetta dove si filmano con la videocamera amatoriale sognano il salto agli studios e alla celebrità hollywoodiana. L’anno prossimo, oltretutto, le VidCon saranno addirittura tre nel mondo: oltre al palcoscenico di Anaheim, ci sarà occasione di farsi conoscere anche ad Amsterdam, dove in aprile si terrà la prima edizione europea, e poi in settembre all’esordio della comunità di vlogger australiana.
Per cercare di trasformare quel sogno in realtà, i creator possono farsi aiutare dalla stessa YouTube. Chi ha almeno 10 mila abbonati al suo canale, infatti, può accedere a uno degli spazi di produzione che la società di Google ha in una decina di città nel mondo, da New York a Tokyo, da Berlino a Mumbai.
Il Corriere ha visitato il primo e il più grande, quello di Los Angeles: un ex hangar degli elicotteri del magnate californiano Howard Hughes, con sette studios per filmare e – da poco – anche tutta l’attrezzatura necessaria per realizzare video in virtual reality e a 360 gradi. «Imparare, seguendo lezioni sui diversi aspetti della produzione; connettersi agli altri autori, seguendo i loro eventi; e infine creare. Sono i tre scopi di chi viene qui», ha spiegato Jamie Byrne, direttore dei YouTube Creators. L’attrezzatura è così professional, che quando il Corriere ha visitato il YouTube Space di L.A. c’era la Walt Disney a preparare un programma in streaming con alcuni YouTuber.
«Il futuro è a 360 gradi e in VR», ha detto Scott Brook, l’evangelista della realtà virtuale per YouTube, invitando a provare con gli occhiali VR di Google – quelli in cartone da 15 dollari – la visione di Pearl, l’ultimo film corto prodotto dal laboratorio Spotlight stories di Google: il viaggio di un padre hippy con la figlia attraverso l’America visto da dentro l’automobile. Se non fosse che il regolamento dell’Accademia del cinema ammette solo i video usciti nelle sale, per i critici Pearl dovrebbe essere candidato a un Oscar. Di certo diventerà un cult per le nuove generazioni di registi digitali.