La Stampa, 18 luglio 2016
Il cimitero della Lega Pro
Decrescita costante e infelice. Il censimento negativo del calcio professionistico di provincia si rinnova ciclicamente tutte le estati. Ogni anno, al momento di tracciare la linea tra chi può e chi non può iscriversi al prossimo campionato di Lega Pro, è la stessa storia: c’è chi rinuncia subito, chi lotta contro il tempo, chi si inceppa su una fideiussione, chi deve avventurarsi nel mare dei ricorsi e chi deve alzare bandiera bianca.
Almeno altri cinque casi
Anche stavolta non sono mancati verdetti definitivi e feriti, più o meno guaribili: quattro squadre non iscritte (Rimini, Pavia, Martina e Virtus Lanciano), un’altra che non ci ha nemmeno provato (Sporting Bellinzago) e cinque ancora in sospeso, con Siena, Lucchese, Casertana e Maceratese un po’ più tranquille rispetto alla Paganese. I numeri, intanto, sono impietosi e parlano di 80 società sparite nel giro di otto anni, da quando la vecchia Serie C ha cambiato nome in Lega Pro.
Perché è proprio in questa terra di mezzo, posizionata tra i piani terra dei dilettanti e quelli alti di A e B, dove il sistema calcio italiano non smette di abbassare serrande, chiudere botteghe, cancellare piazze storiche e fare la conta dei club dispersi alla fine di ogni puntuale terremoto estivo. Lo sbarco o il declassamento al primo livello professionistico, non per colpa della Lega Pro, talvolta coincide addirittura con il capolinea di alcune squadre: un campionato che costa troppo per chi sale dalla D senza ingenti capitali e garantisce ricavi insufficienti per chi riusciva a sopravvivere sul filo del rasoio, causa entrate di altro spessore, in cadetteria.
L’effetto delle riforme
Tra le immolate sull’altare di un’altra estate di dentro o fuori, ad esempio, figurano Bellinzago e Lanciano. Una scomparsa, di sua spontanea volontà, per aver fatto (sportivamente) il passo più lungo della gamba di un’eroica promozione, vedendosi respinta dalla Figc la scialuppa di salvataggio (e di conseguente iscrizione alla Lega Pro) della fusione con il Varese, e l’altra condannata dalla retrocessione dopo quattro anni di vacche ben più grasse, grazie all’ombrello protettivo dei diritti tv della B. «Abbiamo sperato fino all’ultimo di ripianare il bilancio per iscriverci al prossimo campionato. Purtroppo non è stato possibile. Abbiamo delle responsabilità nei confronti delle nostre aziende e non possiamo più canalizzare risorse, energie e impegno verso la Virtus Lanciano», la lettera per dichiarare la resa della famiglia Maio.
Le gestioni societarie allegre, comunque, restano all’ordine del giorno. Come nel caso del Pavia, zavorrato dai debiti (indicati tra i 6 e i 7 milioni) della precedente proprietà cinese e ora intenzionato a ripartire dalla D. Quelle che aspettano, invece, scopriranno il loro destino nel consiglio federale di domani (oggi la Covisoc studierà i ricorsi). Poi scatterà, come sempre, la stagione di nuove carte bollate e dei ripescaggi. Già, perché la Lega Pro, dopo la precedente riduzione da 90 a 60 squadre, progetta di ricambiare format: dalle 54 della scorsa stagione alle 60 pianificate per il calcio d’inizio del 28 agosto. Avanti, prima dell’inevitabile e imminente processo interno di selezione naturale, c’è ancora posto.