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 2016  luglio 18 Lunedì calendario

Perché Erdogan accusa gli Usa per il tentato golpe

ISTANBUL. In Turchia il golpe è fallito, ma dalle ceneri dei militari uccisi nasce ora una crisi bruciante con l’America. Ieri il ministro turco del Lavoro, Suleyman Soylu, ha detto che dietro il colpo di Stato c’era la mano di Washington. Il presidente Tayyip Erdogan continua a premere sull’estradizione dalla Pennsylvania di Fethullah Gülen, l’imam accusato di avere ispirato il golpe. Critica a cui gli Stati Uniti non credono: «È irresponsabile accusare un coinvolgimento americano», replica il Segretario di Stato Usa, John Kerry, che su Gülen osserva: «Abbiamo detto dateci le prove, abbiamo bisogno di una documentazione solida per l’estradizione. Stiamo aspettando e siamo pronti ad agire se rispetteranno gli standard legali».
Una situazione che si ingarbuglia anche per quanto accade nella base aerea di Incirlik, nel sud del Paese, da dove gli alleati della Turchia, Stati Uniti in primis, bombardano gli obiettivi del Califfato Islamico in Siria e Iraq. Ieri è stato arrestato uno dei principali comandante dell’installazione, il generale Bekir Ercan Van, per un presunto ruolo nel golpe. Si chiede Ankara: come faceva Washington a non sapere del tentato colpo di Stato?
Ma alla Casa Bianca la delusione di Barack Obama su Erdogan è fortissima. Il presidente americano aveva creduto molto nel leader turco, vedendo in lui il modello di un capo musulmano moderno, democratico, capace di favorire la non facile stabilizzazione del Medio Oriente. La svolta autoritaria del presidente turco ha però finito per irritare profondamente l’America.
Ad Ankara ieri il numero delle vittime del golpe si è alzato, superando adesso la quota di 290 morti. Nuovi scontri sono ancora avvenuti tra le forze di sicurezza e i soldati in una base aerea a Konya, nel centro del paese: 11 gli arrestati. E colpi di avvertimento sono stati sparati dalla polizia nell’aeroporto Sabiha Gokcen di Istanbul, dove un gruppo golpisti hanno provato a resistere prima di arrendersi definitivamente.
Erdogan prosegue il dialogo con la sua gente, metodo che lo ha salvato la notte del golpe con la richiesta di resistere inviata su Facetime, quando sembrava ormai spacciato: «Continuate a stare in piazza. Questa non è un’operazione che dura 12 ore». Tuttavia crescono in tutto il mondo le preoccupazioni per il trattamento riservato alle migliaia di soldati e oppositori fermati dopo il tentato colpo di Stato. Il Mirror ha diffuso una foto che mostra decine di soldati turchi legati, a torso nudo e sdraiati, ammassati in una palestra in cui è stato allestito un tribunale a Bakirkoy, nella parte europea di Istanbul.
E Erdogan, assieme al premier Binali Yildirim, ha dichiarato che ora verrà presa in considerazione la possibile reintroduzione della pena capitale, abolita nel 2004. L’ipotesi, ha spiegato, «potrebbe essere discussa in Parlamento, ne parleremo con l’opposizione».
Un nuovo particolare emerge dalla notte del confronto: il presidente era stato tradito dal suo aiutante militare in capo, il colonnello Ali Yazici, il quale aveva informato i golpisti che il leader si trovava nella località costiera di Marmaris. Anche per l’alto ufficiale è stato così spiccato un mandato d’arresto.